3 giugno 2011

L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello

Era un fresco sabato mattina di inizio primavera ed una leggera brezza muoveva le foglie dei tigli di viale Mazzini. Da buon abitudinario passeggiavo lungo il solito percorso, con il giornale sotto il braccio destro ed il bastone nella mano sinistra. Raggiunto l'incrocio con corso Italia mi fermai, come ogni sabato di ogni settimana, al negozio di cappelli di Ettore, un caro amico di famiglia.
Il consueto suono della campanella accompagnò come ogni volta il mio ingresso nel negozio.
- Buon giorno Giovanni.
Come ogni sabato mattina la voce di Ettore era squillante.
- Ciao Ettore, come sono andati gli affari questa settimana?
- Eh, lo sai. Con la crisi i cappelli non si vendono più come il pane. E a te come vanno le cose?
- Al solito.
- E tua moglie? Sta bene?
Prima che riuscissi a rispondere gli occhi mi caddero su un cappello esposto in bella mostra su un piedistallo. Era un cilindro di ottima fattura, con delle rifiniture inusuali ma eleganti. Lo presi in mano e mi misi ad osservarlo centimetro per centimetro. Mentre ero indaffarato in questa operazione, Ettore mi disse:
- Bello, vero? E' un esemplare tedesco del diciannovesimo secolo. Originale. Confezionato da un famoso cappellaio della Turingia.
Indipendentemente da quanto potesse costare, sapevo che quel cappello doveva essere mio. Fu amore a prima vista.
- A quanto lo vendi?
- Non è in vendita. E' un pezzo da collezione che ho deciso di tenere in esposizione.
- Come non è in vendita, Ettore? Io devo avere questo cappello.
Ettore rimase in silenzio per qualche secono, poi con un tono di voce inusualmente basso disse:
- Forse un compromesso potremmo trovarlo.

Rientrai in casa in tempo per l'ora di pranzo. Non appena chiusi la porta dietro di me, chiamai mia moglie.
- Cara. Corri a vedere che cappello ho preso da Ettore. Non era neanche in vendita, ma alla fine siamo giunti ad un compromesso che non esiterei a chiamare un affare.


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