29 novembre 2009

Police on my back

Questa incredibile storia che sto per raccontare, avvenne in un grigio e triste pomeriggio autunnale. Il tempo rifletteva esattamente il mio stato d'animo.
Per cercare di schiarirmi le idee mi decisi a fare una passeggiata nella campagna circostante il luogo dove abitavo allora.
Quale luogo fosse non ha molta importanza per la storia. La cosa importante è che in questo luogo esistevano le ferrovie. Ed i treni di conseguenza.
Ma soprattutto le ferrovie sono importanti ai fini della storia, perchè tutto successe quando mi trovai davanti dei binari che correvano in mezzo alla campagna che stavo attraversando.
Ricordo che mi guardai intorno per assicurarmi che non ci fosse nessun treno in corsa che mi volesse mettere sotto. In quel momento vidi in lontananza una figura, vestita di bianco, che correva nella mia direzione.
Aveva un vestito lungo e sembrava portare un velo in testa e qualcosa in mano. La mia miopia m'impediva di vedere cosa, da così lontano.
Mi fermai incuriosito. Iniziavo a distinguere la figura. Era una ragazza vestita da sposa. Si voltava spesso indietro, come se pensasse di essere inseguita, ma non c'era nessuno tranne noi due.
Oltretutto sembrò non accorgersi di me finchè non mi fu a pochi metri di distanza.
E quando mi vide si fermò. In mano aveva dei fiori di un colore blu tenue. Era truccata in modo strano. In un lampo mi resi conto che era vestita da Sposa Cadavere. Il personaggio del film di animazione di Tim Burton.
Dissi qualcosa. Probablmente le chiesi dove stesse correndo. Quello che ricordo nitidamente è che mi rispose in inglese con un accento che non saprei definire, ma che mi piacque subito. Le sue parole furono:
"I've been hiding, police on my back
There was a shooting, police on my back
And the victim, well, he won't come back"
Poi si avvicinò e si gettò tra le mie braccia. Mi chiese aiuto.
Non mi misi a pensare neanche per un secondo se fosse una buona idea aiutare una sconosciuta che stava fuggendo dalla polizia.
La portai a casa mia e le preparai un tè caldo. E fu davanti a quel tè che mi raccontò la sua storia.
Inziò col dirmi che aveva finito la vittima in un colpo solo. Questo mi face salire un po' di ansia.
Mi disse di come si stesse nascondendo in un capannone isolato in mezzo alla campagna. Era scappata da lì questa mattina, correndo via, perchè le era venuta la sensazione che la stessero per trovare.
Era stata nascosta nel capannone per una notte ed un giorno interi. Ci era finita dopo una fuga rocambolesca in bicicletta. Fuggiva dalla polizia che la inseguiva a piedi.
Quando una delle gomme della bicicletta si bucò, decise di fermarsi in un capannone perchè era troppo stanca per proseguire a piedi.
Io non sapevo cosa dire. Avevo paura di chiederle cosa fosse successo prima della fuga. Lei rimase in silenzio per qualche minuto. Io non dissi nulla. La guardavo e basta. Alla fine mi decisi a chiederglielo.
Il resto della storia fu molto diversa da come me l'aspettavo.
Stava passeggiando per le strade di una cittadina non molto distante, quando s'imbattè nelle riprese di uno spot pubblicitario. Le riprese erano lo shooting di cui mi aveva parlato.
La vittima del suo crimine era il protagonista dello spot. Dalla sua descrizione, più che la polizia sembrava che al suo inseguimento ci fossero stati gli agenti di sicurezza che sorvegliavano il set.
Quello che su quel set non potrà più tornare e che era stato finito in un colpo solo era il barattolo di Crema Novi su cui dovevano girare lo spot.
Il motivo per cui fosse vestita da Sposa Cadavere continua ad essere un mistero per me.

11 novembre 2009

Si sta come d'autunno sugli alberi le foglie

In attesa di un colpo di vento.
Ma di un colpo di vento che venga dalla giusta direzione e con la giusta intensità.
Non un colpo di vento qualsiasi.
Cercando strenuamente di resistere a tutti gli altri colpi di vento che non vengono dalla giusta direzione e non hanno la giusta intensità.
Mettendo tutte le forze residue in quel flebile legame che ti tiene sospeso per aria.
Sopportando pioggia e freddo, mentre vedi cadere una per una quelle che ti stanno accanto.
In attesa di quell'unico colpo di vento che ti possa far cadere accanto a quel fiore meraviglioso, nato e cresciuto, non si sa come, nel cemento.

5 novembre 2009

Travolto da un insolito destino in un azzurro weekend d'agosto

Sveglio. Guardo l'orologio. Le otto. Mi stiracchio e mi alzo, pieno di buoni propositi.
L'intenzione è quella di passare questo mite e soleggiato sabato di fine estate chiuso in casa a scrivere. Ma non versi che potrebbero far impaurire una dentona lussemburghese.
Quello che mi è successo ieri è stato così strano che merita di essere messo nero su bianco in modo da farci venir fuori una storia interessante.
Questo è il mio obiettivo per la giornata, consapevole del fatto che ci sia sicuramente almeno un proverbio sui buoni propositi che mi metta in guardia dalla possibilità che si realizzino.
Per l'appunto, mentre mi appresto a far colazione, ecco che l'ineluttabile corso deglie eventi inizia a portare i binari della mia giornata verso una direzione che, guarda caso, è diametralmente opposta alla mia sterile volontà.
Sento un botto. Come se fosse successo un incidente. Viene dalla strada. Mi affaccio alla finestra e mi accorgo che in effetti ha tutto l'aspetto di essere un incidente.
Sembra che una moto da cross si sia scontrata con una piccola utilitaria. Cerco con lo sguardo il motociclista. Lo vedo per terra non esattamente vicino alla moto. Mi sembra già un buon segno il fatto che si muova.
Chiamo il centodiciotto e mi precipito in strada, dopo essermi messo addosso qualcosa di presentabile.
Essendo sabato mattina di un periodo di vacanza, non mi stupisce che non ci sia nessuno in giro. Ma un po' mi preoccupa, visto che le mie capacità di pronto soccorso sono prossime allo zero. Anzi probabilmente sono zero. Speriamo solo che l'ambulanza arrivi in fretta.
Stranamente non vedo da nessuna parte la persona che avrebbe dovuto essere alla guida della macchina. Scappare lasciando la macchina lì mi sembra uno strano modo di mettere in pratica l'omissione di soccorso.
Mi dirigo verso il motociclista che sembra stia piuttosto bene, al netto di qualche osso rotto e lividi a profusione. Mentre cerca di rotolarsi per terra dal dolore si tiene il costato. Costole rotte? Brutta cosa. Ma visto il volo che deve aver fatto gli è andata anche bene.
Cerco di fargli capire che non ho idea di come comportarmi in una situazione del genere ma che il buon senso, forse, suggerirebbe di muoversi il meno possibile. Ma non sono sicuro che il buon senso abbia nozioni di pronto soccorso.
L'unica cosa di costruttivo che riesco a dire è: "Ho chiamato il centodiciotto. Hanno detto che arrivano in un attimo."
Sento in lontananza la sirena che si avvicina. Intanto mi guardo intorno per cercare di capire cosa sia successo. Il mistero non sembra indecifrabile. La macchina aveva uno stop e non si è fermata.
Ed è proprio mentre esamino la "scena del crimine" che mi accorgo che il conducente, anzi la conducente, è ancora al volante, come in stato di shock.
Mi avvicino per sincerarmi delle sue condizioni, come si direbbe alla televisione. Anche se è piuttosto evidente che non si può essere fatta molto.
E' una ragazza sui vent'anni. Bionda. Ha le mani che le coprono il volto come se stesse piangendo.
Busso sul finestrino per chiederle se non sia il caso che esca. Ha un sussulto. Mi guarda. Non che sia brutta, ma non è particolarmente bella. Ha un aspetto particolare, ammesso che voglia dir qualcosa.
Nel frattempo l'ambulanza è arrivata. Si prendono cura del ferito. "Non so bene come sia andata, ho sentito il botto e sono sceso in strada" dico io.
La ragazza scende dalla macchina e non fa che ripetere di come fosse distratta e di non aver visto lo stop. Che non voleva metterlo sotto. Voglio sperare, penso io.
Mentre portano via l'incidentato, i paramedici (si chiamano davvero così?) mi dicono di aspettare i vigili con la ragazza. OK. Tanto mica volevo restare chiuso in casa tutto il giorno per mettere nero su bianco un'idea che mi frulla per la testa.
Cerco di fare almeno un po' di conversazione. Cose base del tipo: "Come va?", "Non ti preoccupare, in fondo è ancora vivo e s'è rotto al massimo un paio di costole." e "A che diavolo stavi pensando per non aver visto lo stop che è lì più o meno dalla notte dei tempi?"
A quest'ultima domanda mi risponde candidamente: "Mi stavo toccando, per questo non ho visto lo stop." Io rimango leggermente turbato dal fatto che lo dica come se fosse la cosa più logica da fare mentre si è al volante di una macchina in movimento.
Forse cogliendo lo stupore sul mio volto, si giustifica dicendo: "Vedi, il fatto è che ieri sera ho dato buca ad un tizio che ho conosciuto online e che mi voleva incontrare. Dargli buca mi ha eccitato tantissimo. Ed è da ieri sera che non faccio che toccarmi ogni volta che ci ripenso."
Non penso che la sua spiegazione abbia mutato di molto l'espressione del mio viso. Lei allora aggiunge: "E' che sono un po' ninfomane".
Occhei. Ci mancava solo questa. Prima che possa dire qualsiasi cosa a commento, lei prosegue dicendo: "Fra l'altro con la macchina ridotta in queste condizioni avrei bisogno di qualcuno che mi accompagni a casa." E mi guarda. Ammiccando.
Io, senza pensarci su neanche un secondo, rispondo: "Guarda, la macchina ha solo una botta. Suppongo che cammini tranquillamente. E in ogni caso, mi dispiace deluderti, ma sono innamorato e non sono interessato ad una botta e via con te."
Il suo volto s'incupisce. Fa un passo verso di me e mi assesta uno schiaffo terrificante.
Il dolore è intenso. Dentro di me bestemmio in tutte le lingue del mondo, comprese quelle morte e alcune che devono ancora nascere. Mi porto le mani alla guancia sinistra che mi va a fuoco.
Come se non bastasse inizia a gridare: "Come ti permetti? Ma per chi mi hai presa? Non farei sesso con te neanche se fossi l'unico essere vivente rimasto nell'universo."
Perfetto. Ninfomane e psicopatica. E' il caso di ritornare a casa a vedere di mettere in atto i propositi per la giornata. Ma prima le fornisco informazioni dettagliate per raggiungere quel famoso paese, dove sicuramente si sarebbe trovata bene.
Metto la chiave nella toppa e contemporaneamente cerco di far riprendere sensibilità alla parte sinistra del volto.
Non faccio neanche in tempo ad entrare in casa che sento aprirsi la porta dei vicini. Una madre divorziata e il figlio ventenne.
La donna mi viene incontro implorando il mio aiuto. Ha un aspetto terribile. L'impulso di chiuderle la porta in faccia è piuttosto forte, ma alla fine mi fermo e le chiedo cosa sia successo.
"Francesco, devi assolutamente aiutarmi. Ti prego. Daniele è scomparso da ieri sera. Devi aiutarmi a ritrovarlo." Daniele è il figlio ovviamente. Ed è altrettanto ovvio quanto sia inutile che cerchi di oppormi alla catena di eventi che mi stanno scombussolando la giornata.
Cerco di tranquillizzarla dicendole che suo figlio non è più un bambino, che sa badare a se stesso. Sarà sicuramente da qualche amico.
Non sente ragioni. Ha già chiamato tutti gli amici, la polizia, gli ospedali e l'ufficio oggetti smarriti. Il mio compito è prendere la macchina e farmi un giro per la città in cerca di suo figlio, mentre lei rimane a casa vicina al telefono.
Evito di dirle che forse ha visto un po' troppi telefilm americani e che il piano non funzionerà un gran che. Non servirebbe a nulla viste le condizioni in cui è ridotta. Mi metto l'anima in pace ed entro in casa alla ricerca delle chiavi della macchina.
Non ho la più pallida idea di dove cercarlo e quindi mi metto a girare scegliendo le strade da prendere a caso e guardandomi intorno senza troppa convinzione.
Metto nell'autoradio un cd dei Joy Division per dare un po' di atmosfera cupa a questa brillante giornata estiva che volevo passare chiuso in casa.
Per strada non c'è praticamente nessuno. Nè una macchina nè un pedone. Tipico sabato mattina estivo in una città svuotata dalle vacanze. Se fossi in un film western mi vedrei passare davanti qualche rinsecchito cespuglio rotolante. Invece neanche quello.
Penso di dirigermi verso la parte ovest della città. Verso le colline. Non che mi aspetti di trovarlo da quelle parti, ma almeno farei strade più piacevoli da guidare.
Giro a sinistra e prendo il ponte che attraversa il fiume. Sul marciapiede opposto c'è la prima persona che incontro durante il giro. Non è Daniele. E' un giovane che fissa il fiume. Passo oltre.
Lancio uno sguardo nello specchietto, non so neanche per quale motivo. Non l'avessi mai fatto. Vedo il giovane che cerca di scavalcare la ringhiera del ponte. Ecco. Ci mancava solo l'aspirante suicida.
Inchiodo e faccio inversione. Non ho idea di cosa raccontargli, non ho il cellulare per chiamare la polizia e non sono neanche abbastanza forte per tirarlo di qua dalla ringhiera.
All'inizio non sembra fare caso a me. Ma non sembra neanche troppo convinto di buttarsi.
"Non provarci neanche a buttarti" dico io "Non bastava l'incidente, essere preso a schiaffi e il figlio della vicina che scappa di casa. Dovevi mettertici anche te in mezzo alla mia giornata."
Si gira verso di me e mi guarda stupito. "Ti sembra il modo di rivolgersi ad uno che vuole buttarsi da un ponte?"
"E te non potevi trovare un altro momento per buttarti? Dovevi farlo proprio mentre passava l'unica macchina che gira per la città? Poi se volevi buttarti, ti saresti già buttato. Quindi non farmi perdere altro tempo e riscavalca questa benedetta ringhiera."
"Ma non capisci. Ieri sera la mia ragazza mi ha lasciato. Io mi ero trasferito qui per lei. Avevo mollato tutto e riniziato una nuova vita. Un nuovo lavoro in una nuova città. Adesso mi ritrovo in questo posto dove non conosco che lei e con un lavoro che neanche mi piace. Cosa dovrei fare?"
Che lagna. "Non saprei. Iscriviti ad un corso di scacchi, impara una lingua straniera, vai per pub ad ubriacarti."
"E' quello che ho fatto ieri sera." Mi risponde. "E alla fine mi sentivo molto meglio dopo tutte quelle birre. Poi, alla chiusura dell'ultimo pub mi sono messo a parlare con un tizio. Lui mi ha raccontato la sua storia. Io la mia. E alla fine mi sono reso conto di essere più depresso di prima."
"Perchè mai la tua ragazza ti avrebbe mollato di punto in bianco?" gli chiedo.
"Mi ha detto che sono troppo noioso. Che non le facevo provare emozioni forti. Ha detto che ha conosciuto un altro ragazzo. Stamattina l'avrebbe portata a giro con la sua moto da cross."
Ma senti. Una moto da cross. "Non è che la tua ex sta dalle parti della stazione?" Lui mi guarda ancora una volta stupito.
"No. Non sono io quello che ti ha fregato la ragazza. Come vedi ho la macchina. Però ti posso dare una buona notizia. Il tizio con la moto da cross non se la passa molto meglio di te."
Scuote la testa. "Hai presente l'incidente a cui ho accennato prima? Un tizio con la moto da cross è stato messo sotto da una bionda psicopatica. In via Mazzini. A duecento metri dalla stazione. E' vivo, ma suppongo che la tua ex debba cambiare i piani per la giornata."
Gli scappa un sorriso. Approfitto del momento per tendergli la mano. "Dai. Datti una mossa a tornare da quest'altra parte, così posso tornarmene a casa."
Lui accetta la mano e seppellisce i propositi suicidi ritornando sul marciapiede. Io gli faccio l'in boca al lupo per il proseguio della sua vita, rimonto in macchina e mi dirigo verso casa. Lasciando perdere l'idea di far finta di cercare il fuggitivo.
Ottima idea, fra l'altro, considerando che me lo ritrovo proprio davanti alla porta del nostro palazzo che cerca le chiavi in una tasca dei pantaloni.
"Daniele. Guarda chi si vede. Tua mamma, in preda ad una crisi isterica mi ha mandato alla tua ricerca per mezza città. Che fine avevi fatto?"
Si mette a ridere. "E' una lunga storia" mi dice. "In pratica qualche settimana fa ho conosciuto una ragazza in chat. Una porca incredibile. Non faceva che parlare di sesso, di quanta voglia avesse di farlo e di come passasse le giornate a masturbarsi."
E' la giornata mondiale delle ninfomani, penso io. Lui continua "Io cerco in tutti i modi di organizzare un incontro. Ma lei è sfuggente. Alla fine riesco a convincerla. Ci saremmo dovuti incontrare ieri sera."
Faccio due più due e dico "Ma lei ti ha dato buca. Giusto?" "Giusto" risponde. "Era così evidente?" "No, ma sto sviluppando delle doti divinatorie."
Mi guarda strano, ma continua "Insomma lei non si presenta all'appuntamento e quindi decido di andare per pub ad ubriacarmi per farmi passare la delusione. Fra una birra e l'altra perdo il senso del tempo e mi ritrovo all'ora di chiusura a parlare con un tizio."
"Magari con un tizio che è stato mollato dalla ragazza, giusto?" Rimane a bocca aperta per un attimo. "Mi prendi per il culo? Chi te l'ha detto?" Io alzo le spalle.
"Comunque parlare con quel tizio mi ha fatto capire che in fondo c'è chi è messo molto peggio di me." "Bene" gli rispondo mentre siamo ormai sul pianerottolo e sto aprendo la porta di casa mia. "Ma la prossima volta cerca di non farglielo capire anche a lui."
E chiudo la porta dietro di me. Che mattinata. Adesso l'ultima cosa che ho voglia di fare è mettermi a scrivere.
Il pomeriggio decido di passarlo a navigare senza meta su internet e a guardare qualche episodio di NCIS in streaming. Ceno e mi guardo un film. Life of Brian in versione originale. Vado a letto presto. Tutte le vicende della mattinata mi hanno stancato.
Il giorno dopo mi sveglio verso le otto. Mi alzo di scatto con in testa l'idea fissa di mettere in parole le assurde vicende che mi sono successe il giorno prima. Ne verrebbe fuori una storia interessante.
Il fatto che sia una bellissima domenica d'estate non smuove la mia volontà di chiudermi in casa. Almeno queste sono le intenzioni. Ma si sa che la via per l'inferno è lastricata di buone intenzioni. Non sono sicuro che questo proverbio c'entri qualcosa.
In ogni caso prima decido di fare colazione. Ed è proprio mentre sto versandomi il tè che sento il botto di un incidente venire dalla strada sotto casa.


Disclaimer
Ogni riferimento a persone realmente esistite o fatti realmente accaduti non è del tutto puramente casuale.
Nessun cespuglio rotolante è stato maltrattato per la realizzazione di questo racconto.