29 luglio 2010

Come una farfalla - Finale

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Sono partito d'impulso. La vicenda mi affascinava. Il mistero che circondava i ribelli. Il fatto che ci fosse ancora qualcuno al mondo che si ribellasse e che avesse voglia di cambiare lo stato delle cose. Tutto questo gettava all'improvviso un alone di speranza su un pianeta intrappolato in un'immobilità decennale.
Adesso le sorti di questo paese e del mondo intero mi sembrano molto poco importanti. Il mistero che circonda questa ribellione, per me, non si dipanerà mai. Nell'ultimo tratto del percorso attraverso la giungla i due miliziani ai miei fianchi mi stanno letteralmente trascinando avanti. All'improvviso una radura si apre davanti a noi. Ci fermiamo. Due misere capanne ed una decina di miliziani a fare da guardia. Quello con il machete che ha aperto la strada durante il viaggio si stacca dal nostro gruppo e si avvicina alle guardie. Scambia due parole con una di loro. Questa annuisce ed entra in una delle due capanne. Un minuto dopo esce insieme ad un altro miliziano che sembra essere un superiore in grado. Mi guarda da lontano per qualche secondo e poi fa cenno alla mia scorta di seguirlo. Non una parola viene detta. Giriamo intorno alle capanne e ci dirigiamo verso l'altra estremità della radura. Vedo una fila di fosse. Alcune sono coperte di terra, altre vuote, che aspettano. L'istinto mi porta a tentare di divincolarmi e fuggire, ma le forze mi mancano e la presa dei due miliziani è salda. Mi manca anche la volontà. Mi posizionano spalle alla prima fossa vuota e mi legano mani e piedi. Il superiore si posiziona qualche metro davanti a me. Gli altri si allontanano. Tira fuori la pistola dalla fondina e la punta in direzione della mia testa.
Questa è la fine, penso. Sento partire il colpo. Vedo partire la pallottola. Tutto sembra svolgersi in slow motion. Chiudo gli occhi e alla pallottola spuntano due meravigliose ali da farfalla con i colori dell'arcobaleno.

28 luglio 2010

Come una farfalla - Terza parte

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La natura non è mai stata particolarmente clemente con questo paese. Terremoti ed inondazioni. L'agricoltura è praticamente impraticabile in buona parte del territorio. Il sottosuolo, invece, è dotato di ricchezze minerarie in quantità incalcolabili. Per cui, dalla sua indipendenza ad oggi, il paese è di fatto in mano a poche società americane ed europee che si spartiscono le concessioni di sfruttamento del territorio. La capitale è un'isola di benessere in un paese povero. Regno incontrastato di politici, burocrati e militari che devono il loro tenore di vita ai nuovi colonizzatori che di fatto governano il paese attraverso un governo fantoccio senza opposizione interna o esterna. Formalmente si tratta di una democrazia, ma di fatto esiste un solo partito che abbia la forza economica e la capacità organizzativa di presentarsi alle elezioni. La maggior parte della popolazione nel resto del paese non ha un'educazione sufficiente e chi comanda non fa nessuno sforzo per procurargliela, evidentemente. Quelli che lavorano nelle miniere dello stato, ma al servizio delle compagnie straniere, sono, senza giri di parole, schiavi. E come tali vengono trattati. Le condizioni di lavoro sono terrificanti e gli incidenti mortali nelle miniere fanno parte della routine quotidiana.
Ogni tanto, questo paese si guadagna un trafileto nella pagina degli esteri di un quotidiano di qualche paese occidentale. Oppure un reportage in seconda serata. Mezzora d'indignazione al 3% di share. Poi torna ad essere un puntino indefinito sul mappamondo. Nessun cambiamento per decenni, nessuna speranza di miglioramento.
Un mese fa la rivolta. Una milizia armata, formata da un numero imprecisato di ribelli e venuta fuori dal nulla, prende d'assalto i punti nevralgici del potere. Il fattore sorpresa fa vacillare il potere predefinito. Il capo del governo viene ucciso, le gerarchie mitlitari decapitate. I miliziani però non riescono a conquistare la capitale e il colpo di coda dell'esercito è violento. La rivolta viene soffocata nel sangue. Non viene fatto alcun prigioniero e quel che resta dei ribelli fugge nella giungla. Sembra che uno dei motivi che abbia decretato la sconfitta dei ribelli sia stata l'indifferenza da parte della popolazione. 
Nel giro di pochi giorni un nuovi membri del governo e nuovi generali vengono nominati. E con nuovi  si intende vecchi. Sull'origine e gli obiettivi della rivolta, mistero. Sull'identità e la provenienza dei ribelli, mistero.

to be continued...

27 luglio 2010

Come una farfalla - Seconda parte

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Cammino, all'oscuro della direzione e della destinazione, nella stessa giungla che avevo attraversato, da solo e con incosciente trepidazione, qualche giorno prima. Bussola ed appunti alla mano, consapevole del rischio di perdermi, ma pronto a rischiare tutto per una causa in cui credevo.
Avevo passato una settimana nell'ultimo villaggio prima della giungla cercando di raccogliere informazioni su come riuscire ad incontrare i ribelli. Quel posto sembrava una terra di nessuno. Il governo centrale era molto lontano, non solo fisicamente, ma nessuno sembrava schierarsi apertamente con i ribelli. In quella settimana nulla si era aggiunto sul mio taccuino a quel poco che ero riuscito a raccogliere sulla rivolta nella capitale. Per il resto solo storie che si potevano leggere sui principali giornali di tutto il mondo occidentale. I ribelli, invece, hanno comunicato con me solo attraverso i loro fucili. Me li hanno puntati addosso appena mi hanno visto sbucare dalla giungla. Con la loro punta mi hanno indicato i movimenti che avrei dovuto fare. Mai nessuno di loro mi ha rivolto la parola. Mai nessuno di loro ha dato l'impressione di ascoltarmi.
Al villaggio, alla fine, ero almeno riuscito a trovare qualcuno disposto a darmi indicazioni su come raggiungere i ribelli. Indicazioni in cambio di denaro, ovviamente. La cosa sorprendente è che questo qualcuno è stato il parroco del villaggio. Un uomo robusto, alto quasi due metri, con i capelli neri come i baffi ed il pizzetto e una voce profonda come non ne avevo mai sentite. Molte volte nei giorni succesivi mi sono chiesto come potesse non sapere a che sorte fossi destinato una volta giunto nella zona controllata dalle milizie ribelli.

to be continued...

26 luglio 2010

Come una farfalla



Sono un uomo morto che cammina. 
In realtà il verbo camminare non descrive accuratamente il modo in cui trascino stancamente i piedi, rischiando di inciampare ad ogni passo nella fitta vegetazione della giungla. Davanti a me un membro della milizia ribelle apre la strada a colpi di machete. Ai miei fianchi altri due sono pronti a sorreggermi ogni volta accenni a cadere. Quello dietro di me l'ho visto di sfuggita e mi è sembrato estremamente giovane. Tiene un vecchio fucile puntato alla mia schiena. Non ho idea di dove mi stiano portando e quale sia il mio destino, ma ho la sensazione che non vedrò sorgere il sole domani mattina.
Sono stato rinchiuso come un topo in una gabbia per tre giorni. Senza cibo. Dissetato con dell'acqua sporca che mi veniva portata, raramente, da una delle guardie. Unico tipo di contatto che ho avuto con i miei carcerieri. Il primo giorno ho tentato in tutti i modi di comunicare con loro. Ho cercato di dirgli come si fossero sbagliati. Sono un giornalista. L'ho detto in tutte le lingue che conosco e in tutti i modi possibili. Ero arrivato fin lì dalla vecchia Europa per documentare la loro rivolta. Perchè supportavo la loro causa. Poi mi sono rassegnato al fatto che anche nel caso in cui ci fosse stato qualcuno che parlasse inglese o francese, non c'era nessuno che prestasse la minima attanzione nei miei confronti. Il secondo giorno è stato quello del terrore. Della paura fottuta di non sopravvivere. Gli stati d'animo si accumulavano e si sostituivano schizofrenicamente nella mia testa. La depressione mi ha paralizzato disteso al suolo, incapace di qualsiasi movimento. Le crisi di pianto mi hanno scosso come se fossi in preda alle convulsioni. La rabbia mi ha fatto gridare e battere la testa contro il muro. Il terzo giorno è stato quello dei rimorsi. Perchè mi trovavo in quella gabbia? Di quali persone, di quali ideali mi volevo fare portavoce? Resistenza all'oppressione, autodeterminazione, giustizia, libertà. Libertà. Com'è vuoto il suono di questa parola in una gabbia. Stamattina, all'alba del quarto giorno, mi hanno fatto cenno con i fucili di uscire dalla mia prigione. Ci siamo messi in cammino nella giungla. Oggi è il giorno della rassegnazione.

to be continued....

24 luglio 2010

L'omino che traduce i titoli dei film in italiano, durante le vacanze, traduce anche i titoli dei libri

Non ho intenzione di parlare di The catcher in the rye in questo post. Sarebbe scontato e poi c'è da ammettere che il titolo originale è intraducibile (anche se Il giovane Holden è stata comunque una pessima scelta, secondo me).
Lo scopo di questo post è ancora una volta quello di addentrarsi nella psiche del nemico per capire il suo modus operandi. Calza a pennello la breve bibliografia di David Madsen.
Il suo primo e più famoso libro è Memoirs of a Gnostic Dwarf, tradotto letteralmente nell'edizione italiana in Memorie di un nano gnostico.

Il secondo libro di Madsen s'intitola Confessions of a Flesh Eater. A questo punto il nemico avrà pensato: "Cerchiamo di adattare il titolo per renderlo appetibile, visto che non siamo una Onlus". Il marketing manager di turno, quindi, ha pensato che al pubblico bisogna dare in pasto la pappa pronta per prenderlo all'amo. Perchè non tradurre in modo da richiamare il titolo del primo libro. Ed ecco che il nemico si è inventato una formula. Prende l'azione che caratterizza il protagonista, la mette al plurale, poi ci aggiunge la qualifica del protagonista e infine un bell'aggettivo che lo possa descrivere esaurientemente. Allora Confessioni di un mangiatore di carne (o di un carnivoro, al limite) diventa Confessioni di un cuoco eretico.


In questo caso anche il titolo originale assomigliava a quello del primo libro e quindi la critica a qualcuno (qualcuno che non conosce il nemico, oserei dire) potrebbe essere sembrata tirata per i capelli. Ma, neanche a dirsi, il capolavoro avviene con il terzo libro.Terzo libro che s'intitola A Box of Dreams. Una scatola di sogni. Semplice da tradurre, no? No. Perchè ormai l'omino ha la formula. Azione. Qualifica. Aggettivo. E come per magia il titolo italiano diventa Amnesie di un viaggiatore involontario.


Io direi di finire con un simpatico indovinello che potrei intitolare I grandi classici della letteratura visti dalla prospettiva del nemico. Chi ne indovinerà il maggior numero? Ricchi premi e cotillons (che non so cosa siano).
  1. Malefatte di uno straniero diabolico
  2. Vendette di un principe impazzito
  3. Amori di uno spadaccino nasone
  4. Pensieri di un insetto mostruoso
  5. Battaglie di un cavaliere svampito
  6. Ribellioni di un porco comodo
  7. Tribolazioni di un pescatore inconcludente
  8. Peregrinazioni di un eroe ingegnoso
  9. Paradossi di un duo attendista
  10. Avventure di un capellone divino

21 luglio 2010

Il parroco di campagna

L'altro giorno ero in mensa insieme al turco e ad degli spagnoli. Si avvicina un nero di mezza età. Mi guarda e mi dice: "Mi è piaciuto il tuo sermone l'altro giorno." Loro non parlano una parola di francese ma si mettono a ridere. Io strabuzzo gli occhi. Mi dice che sono il prete, che mi ha riconosciuto. Non capisco se mi prende semplicemente per il culo o se è convinto di quello che dice. Io gli dico di no, che s'è sbagliato. Lui insiste per un po': "Ma come non sei il prete?" E poi ritorna al suo tavolo.

Ho visto cose che voi umani non potreste immaginarvi. 
Ho visto uno scambiarmi per prete. Eppure non mi sembra proprio di avere il physique du role.

16 luglio 2010

Intervallo pt. 5

Back home.

11 luglio 2010

Worst Band Ever

10 luglio 2010

Il nemico ha un nome


C'era una volta un film intitolato I love you Phillip Morris che parla di un uomo sposato (Jim Carey) che ad un certo punto si scopre gay e si separa dalla moglie. Trasferitosi a Miami inizia a mettere in atto una serie di truffe che lo porteranno in galera. Qui conosce Phillip Morris (Ewan McGregor) e se ne innamora.
Il titolo italiano, preparatevi a ridere, è Colpo di fulmine - Il mago della truffa.
La novità è che questa volta il nemico ha un nome, Francesca Capobianchi, e un titolo, Marketing Manager. di Lucky Red, distributore italiano del film. Riuscite ad immaginarvi niente di più orribile di un marketing manager? Queste due semplici parole mi mettono più brividi di un ululato in una notte di luna piena. Approfitto per salutare tutti i marketing manager alla lettura. Suppongo che l'estradizione dal Belgio all'Italia sia in vigore, giusto?
Ma torniamo al punto. Leggetevi questa intervista apparsa su cineblog qualche mese fa. Chi è il mago della truffa: Jim Carey o il nemico? La risposta è ovvia, ma lasciatemi sottolineare alcuni punti.
  1. In genere si cerca di adattare i titoli nella nostra lingua in modo da renderli più appetibili ad una fascia di pubblico più larga possibile. TRUFFA
  2. Il film è una commedia brillante oltre che una storia d’amore, ci sono un sacco di gag molto divertenti. Abbiamo cercato di spingere maggiormente sul versante della commedia, perchè crediamo che possa richiamare più persone al cinema. TRUFFA
  3. Non siamo una Onlus e naturalmente ci piacerebbe che il film venisse visto da quante più persone possibile. Ma che gli altri distributori europei che hanno lasciato il titolo originali sono delle Onlus?
  4. Abbiamo deciso di puntare tutto sul nome di Jim Carrey perchè Ewan McGregor non è considerato un ’selling point’ Che diavolo è un selling point? Io pensavo che Ewan McGregor fosse un attore.
Ma la contraffazione non si ferma al titolo. Date un'occhiata ai due trailer.






Detto sinceramente non penso si tratti di censura omofoba. Semplicemente il nemico pensa di attirare più persone al cinema vendendo il film come la solita commedia à la Jim Carey, che per quello che è. D'altra parte basta ricordare la madre di tutte le truffe: Eternal Sunshine of the Spotless Mind.

6 luglio 2010

Just Breathe

Stay with me.
Let's just breathe.

4 luglio 2010

Rock Werchter Festival 2010

con

Wolfmother
(Black Keys)
Alice in Chains
Them Crooked Vultures
Pearl Jam

1 luglio 2010

Cose turche

C'è un negozietto, qui dove sto io, che vende pasta take-away. La mette nei bicchieri di cartone tipo quelli della cocacola. Già questo per me è sufficiente per includerla fra le cose dell'altro mondo. Ma se non bastasse, un mio amico turco è solito rovesciarci sopra un vasetto di yogurt.

Ho visto cose che voi umani non potreste immaginarvi. 
Ho visto un turco mettere lo yogurt sulla pasta.