30 giugno 2011

Dentro la mia testa

Mi sveglio di soprassalto ed il bianco abbagliante della stanza entra nei miei occhi come una lama affilata. Mi sento spaesato ed il colore piatto che arriva da ogni lato, come se volesse prendermi d'assedio, mi dà la sensazione, per assurdo, di brancolare nel buio. Gradualmente gli occhi si abituano alla luce e un senso di familiarità prende il posto dello straniamento. Gli anonimi muri bianchi, senza finestre, illuminati da una luce al neon che sembra non produrre ombre, i mobili bianchi ed il letto con lenzuola bianche sono le parti costitutive della mia camera.
Controllo la sveglia, anch'essa bianca. Segna dieci minuti alle sei. Mi chiedo cosa mi abbia svegliato e la risposta arriva immediatamente sotto forma di colpi sordi e ripetuti. Qualcuno sta bussando violentemente alla porta. L'evento è inusuale, a dir poco, ma le mie capacità di ragionare sono notevolmente ridotte dall'essere stato svegliato improvvisamente e così presto. Come un automa, mi dirigo alla porta e senza alcuna precauzione faccio per aprire. Nello stesso istante un flash-back attraversa il mio cervello. Vedo me stesso in un corteo composto da poche persone. Vedo i cartelli con gli slogan. Vedo i fumogeni e la carica della polizia. Vedo la mia fuga. In una frazione di secondo capisco quello che è successo e chi c'è dietro la porta, ma è troppo tardi. Ho già aperto uno spiraglio e in un batter d'occhio la porta si spalanca e mi ritrovo a terra travolto da tre uomini che mi immobilizzano.
Ho sbattuto la testa violentemente, ma non perdo i sensi e riesco a sentire uno dei tre agenti dire:
- In ossequio al comma secondo della legge marziale numero novantaquattro del 2 Marzo 2017, la dichiaro in arresto per attività rivoluzionaria. Considerate le prove incontrovertibili a suo carico la condurremo immediatamente in tribunale per la lettura della sentenza.
Un senso di nausea si impadronisce di me mentre vengo ammanettato, alzato di peso e trascinato fuori dalla porta.
Nella tromba delle scale c'è la stessa luce piatta del mio appartamento, i muri sono dipinti con la stessa vernice bianca e gli appartamenti si distinguono l'uno dall'altro solamente grazie ad un piccolo numero nero al centro di ciascuna porta. Uscito dal palazzo sono accolto dalla luce rossa dei lampeggianti della camionetta della polizia e dal cielo grigio che scarica una sottile ma incessante pioggerella. L'esistenza di altri colori mi rincuora. Il mio palazzo è un parallelepipedo di cemento grigio di otto piani del tutto identico a l'altra decina di palazzi che riempiono la strada. Il panorama non cambia significativamente durante il tragitto verso il tribunale e, pur non potendo vedere attraverso i muri, m'immagino decine di migliaia di stanze bianche come la mia, con gli stessi mobili e la stessa illuminazione al neon.
Il tribunale si trova sul colle più alto della città, come per dominarla, forte della sua imponenza neoclassica. Doppia fila di colonne ed imponente cupola. Il tutto rigorosamene bianco accecante. La camionetta si ferma davanti ad una delle innumerevoli entrate secondarie e io vengo fatto scendere. Il mio ingresso viene registrato tramite una scansione del codice a barre presente sul mio polso. L'ufficiale di guardia comunica ai tre agenti che mi accompagnano il numero di pratica che mi riguarda e l'aula dove devo presenziare alla lettura della sentenza. Mi rendo conto che le mie percezioni sono attenuate. Percorro gli ampi corridoi di marmo come se stessi fluttuando e senza provare alcun tipo di emozione. Il non avere alcuno scampo mi ha reso distaccato, come se il mio destino non mi appartenesse più.
L'attesa davanti all'aula è breve. Nel giro di qualche secondo esce un primo condannato, urlante e piangente, trascinato a forza dai suoi tre agenti del tutto uguali a quelli assegnati a me. Subito ne entra nell'aula un altro, ma dopo un paio di minuti è già fuori, scortato verso la medesima direzione di quello che l'ha preceduto. Adesso è il mio turno.
La stanza mi dà l'impressione di essere enorme, forse perchè completamente spoglia, fatta eccezione per il banco rialzato del giudice e due paletti di legno all'altezza dei quali mi fanno fermare. Il giudice è un ragazzo che dimostra meno anni di me. Il suo sguardo non si alza neanche dallo schermo dove legge le sentenze.
- Pratica numero tre sette due uno cinque barra quattro.
Poi il giudice pronuncia il mio nome. Gli agenti mi intimano di confermare la mia identità e prontamente lo faccio.
- Il chip per il controllo dell'attività cerebrale durante il sonno impiantato nell'accusato ha rilevato attività anomale. Nei tracciati di questa notte tra le ore quattro e le ore quattro e trenta i valori statistici hanno superato la soglia prestabilita. Pertanto, in base al secondo comma della legge marziale numero novantaquattro che regola le azioni svolte durante i sogni, dichiaro l'imputato colpevole di attività rivoluzionaria. Come stabilito dalla suddetta legge, lo condanno, per volere dello stato sovrano, ad anni dieci di detenzione con effetto immediato.

28 giugno 2011

Le apparenze ingannano


23 giugno 2011

La grande truffa dei colori

Sul blog Il Ballo dei Flamenchi ho letto:
E se gli uomini non vedessero le stesse cose? E se uno vede il cielo giallo e l'altro vede il cielo rosso ed entrambi hanno l'idea di questi colori sotto il nome di blu?
Ed è una cosa che mi sono sempre chiesto anche io. Si fa presto a dire che il cielo è sempre più blu e l'erba del vicino sempre più verde, ma come si fa ad essere sicuri che quando parliamo di blu e di verde intendiamo la stessa cosa? E i daltonici che scambiano i colori come fanno a sapere di essere daltonici e non è soltanto questione di nomi sbagliati di colori giusti? E poi magari ci sono i daltonici che non sanno di essere daltonici perchè oltre a scambiare i colori scambiano coerentemente anche i nomi e allora sembra che tutto sia a posto ma in realtà vedono il cielo verde e l'erba blu.
Insomma quella dei colori secondo me è una gran truffa.

21 giugno 2011

Ingegneri: breve campionario

Esemplare numero 1.
Francese, dottorando, fa parte del mio gruppo, 28 anni. Spesso quando vado per conferenze dividiamo la stanza. Appena ha un attimo libero apre il PC. Per lavorare.
Come saprete negli alberghi non vanno più di moda le chiavi tradizionali, ma le carte magnetiche. Queste carte non servono solo per aprire la porta, ma vanno anche infilate nell'apposita fessura, una volta entrati, per poter accendere le luci. Quando dividiamo la stanza, visto che abbiamo abitudini differenti e non andiamo a giro sempre insieme, abbiamo due carte, una ciascuno. E' capitato che avesse la sua carta nella fessura e dovesse uscire prima di me. Chiaramente se prendesse la sua carta e se ne andasse direttamente io dovrei alzarmi e andare a mettere la mia per non rimanere al buio. Quindi gli do la mia e gli dico di prendere quella. Lui cosa fa? Prende la mia carta, leva la sua dalla fessura e ci mette la mia. E poi se ne va con la sua carta. Questo è successo più di una volta, in alberghi diversi di città diverse. Riuscirò a fargli capire prima della fine del dottorato che le carte sono identiche? 

Esemplare numero 2.
Belga, dottorando, è nel mio ufficio ed ha la scrivania accanto alla mia, ma fa parte di un altro gruppo, fresco di laurea. Devo premettere che i belgi non sono un popolo famoso per l'arguzia. Questo ragazzo, però, sembra sempre cadere dalle nuvole. Ha l'aria sorpresa anche quando uno lo saluta.
Nel palazzo del nostro dipartimento hanno deciso di ristrutturare un'ala. Per il momento hanno spostato gli occupanti di quegli uffici in un'altra ala del palazzo e hanno completamente vuotato i suddetti uffici. Niente più mobili, nè scrivanie, nè altro. Vuoti. Completamente. Tubi che penzolano, polvere e sporco sui pavimenti. Insomma scenario post-apocalittico. Una delle persone che è stata cambiata d'ufficio è la tecnica informatica. Un altro ragazzo nel nostro ufficio chiede all'esemplare n°2 se sa qual è il nuovo ufficio della tecnica informatica.
E. n°2 (con espressione stupita): - Ah, l'hanno spostata di ufficio? Ecco perchè non l'ho trovata l'altro giorno quando sono andato a cercarla.
L'altro ragazzo, incredulo, lo guarda. Poi guarda me. Io guardo lui e poi guardo l'esemplare n°2.
Altro ragazzo: - Ma...stanno facendo dei lavori. Hanno trasferito tutti. Non hai visto che tutti gli uffici sono completamente vuoti e spogli?
E. n°2 (con espressione stupita): - Beh in effetti mi era sembrato un po' strano. Ma pensavo fossero tutti in vacanza.
Gelo nella stanza. Sguardi increduli.


17 giugno 2011

Suffragio universale

Il suffragio universale implica che abbiano diritto di voto:
  1. quelli che Bin Laden è andato a New York con l'elicottero e ha rotto le torri: video
  2. quelli che c'è un passerotto che svolazza nel cielo e fa tante cose belle: video
  3. quelli che Bendandi ha predetto il terremoto a Roma per l'11 Maggio e infatti c'è stato un terremoto in Spagna e allora ha sbagliato il luogo ma ha azzeccato il giorno
  4. quelli che la terra è cava e che il suo interno è abitato e c'è pure un altro sole che riscalda l'ambiente, una natura bellissima e un clima idilliaco
  5. quelli che i rettiliani dominano il mondo 
  6. quelli che guardano i programmi della De Filippi e ne fanno una filosofia di vita (1,2,3,eccetera)
  7. quelli che per fare la lavatrice usano una palla piena di palline di ceramica che hanno una caricaelettrostatica che si combina con gli ioni dell'acqua (video), ma che non gli basta il diritto di voto e poi fondano anche un Movimento

9 giugno 2011

Afterhours @ VK, Bruxelles

Ovvero cronaca di quello che con tutta probabilità è stato il peggior concerto a cui abbia assistito in vita mia. Peggio anche di quello dei The Cult con Ian Astbury senza voce. Peggio di quel gruppo indie di cui non ricordo neanche il nome al Pukkelpop di un paio di anni fa con il cantante che faceva finta di leggere da non so che quadernino rosso.
Ad aprire c'erano i Perturbazione che, poverini, hanno fatto il loro bravo concerto mettendoci impegno. Non è il mio genere e dubito che lo sarà mai, ma gli concedo l'onore delle armi (o  sarebbe meglio dire delle chitarre?). Ma quello degli Afterhours è stato davvero al limite del pietoso. A parte che sei un gruppo italiano che suona a Bruxelles e te lo dovresti immaginare che nel locale non ci sono altro che italiani. E allora che le canti a fare le tue canzoni in inglese? A parte che se sali sul palco con l'aria scazzata come se fossi lì per fare un favore al pubblico (che al massimo dovrebbe essere viceversa) che neanche un impiegato di banca, potevi rimanere a casa ed evitavi a me di farmi venire fino a Bruxelles (non che stia lontanissimo, ma tant'è...). Capisco i problemi tecnici, ma la colpa non è di chi ha pagato il biglietto per vederti. Quindi ti scusi e continui dando il meglio di te stesso su quello stramaledetto palco. Non è che ti scazzi ancora di più e dopo una setlist ridotta all'osso te ne vai di punto in bianco.
Era la prima volta che li vedevo (non erano tra i miei gruppi preferiti, ma comunque contavo su un altro buon concerto di un gruppo italiano a Bruxelles) e sarà anche l'ultima.

8 giugno 2011

Era mezzanotte e cinque minuti a Bhopal

Era mezzanotte e cinque minuti della notte tra il 2 ed il 3 Dicembre 1984 a Bhopal, in India, quando, in una fabbrica di pesticidi della Union Carbide, dell'acqua entrò in un serbatoio contenente numerose tonnellate di isocianato di metile, producendo una reazione chimica che sviluppò temperature superiori ai 200 °C ed aumentò la pressione del serbatoio fino al punto in cui si produsse una imponente fuga di gas tossici nell'atmosfera. Il ventò diresse questi gas verso le zone abitate della città ed in particolar modo verso il quartiere più povero, l'Orya Basti. 
Il numero delle vittime, secondo le stime ufficiali, fu dell'ordine delle migliaia, ma stime ufficiose le valutano tra le dieci e le trenta mila. Cinquecento mila le persone che hanno avuto la salute danneggiata da questo avvenimento. Le cause principali delle morti furono asfissia, edema polmonare e collasso circolatorio, mentre tra gli effetti a lungo termine si sono registrati problemi respiratori ed alla vista, problemi neurologici e cardiaci, disfunzioni fetali ed infertilità. 
Fra i fattori che hanno prodotto uno dei più grandi disastri industriali mai verificatisi va citata sia lo sconsigliato stoccaggio di ingenti quantità di isocianato di metile che il basso livello di manutenzione e di sicurezza, causati anche dalla cessazione nei mesi immediatamente precedenti della produzione dell'isocianato di metile stesso, dovuto ad una forte diminuzione della domanda di pesticidi che erano il prodotto finale della fabbrica.

Per approfondire:
More about Mezzanotte e cinque a Bhopal

7 giugno 2011

Quando la politica energetica di un paese la fa un cantante


Al minuto quinto del video. Riassumendo in parole povere: 
  • No al nucleare
  • No all'eolico
  • No al fotovoltaico
Il nucleare è mortale. L'eolico ed il fotovoltaico rovinano il paesaggio.
E sono sicuro che volendo troverebbe da ridire anche sull'idroelettrico (che fra l'altro ha un impatto ambientale mica da ridere e sicurissimo non è, vedi i centosettantamila morti a Banqiao nel '75 in Cina).
E allora evviva il carbone, il petrolio e gli altri combustibili fossili? O facciamo a meno dell'energia? Che fra l'altro lo voglio proprio vedere Celentano a risparmiare energia (che fra l'altro è l'unico modo per rispettare davvero l'ambiente). Ma il problema non è lui. Sono quelli che lo stanno ad ascoltare, come se a parlare fosse un oracolo. L'Italia, che paese.

4 giugno 2011

Mechelen



3 giugno 2011

L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello

Era un fresco sabato mattina di inizio primavera ed una leggera brezza muoveva le foglie dei tigli di viale Mazzini. Da buon abitudinario passeggiavo lungo il solito percorso, con il giornale sotto il braccio destro ed il bastone nella mano sinistra. Raggiunto l'incrocio con corso Italia mi fermai, come ogni sabato di ogni settimana, al negozio di cappelli di Ettore, un caro amico di famiglia.
Il consueto suono della campanella accompagnò come ogni volta il mio ingresso nel negozio.
- Buon giorno Giovanni.
Come ogni sabato mattina la voce di Ettore era squillante.
- Ciao Ettore, come sono andati gli affari questa settimana?
- Eh, lo sai. Con la crisi i cappelli non si vendono più come il pane. E a te come vanno le cose?
- Al solito.
- E tua moglie? Sta bene?
Prima che riuscissi a rispondere gli occhi mi caddero su un cappello esposto in bella mostra su un piedistallo. Era un cilindro di ottima fattura, con delle rifiniture inusuali ma eleganti. Lo presi in mano e mi misi ad osservarlo centimetro per centimetro. Mentre ero indaffarato in questa operazione, Ettore mi disse:
- Bello, vero? E' un esemplare tedesco del diciannovesimo secolo. Originale. Confezionato da un famoso cappellaio della Turingia.
Indipendentemente da quanto potesse costare, sapevo che quel cappello doveva essere mio. Fu amore a prima vista.
- A quanto lo vendi?
- Non è in vendita. E' un pezzo da collezione che ho deciso di tenere in esposizione.
- Come non è in vendita, Ettore? Io devo avere questo cappello.
Ettore rimase in silenzio per qualche secono, poi con un tono di voce inusualmente basso disse:
- Forse un compromesso potremmo trovarlo.

Rientrai in casa in tempo per l'ora di pranzo. Non appena chiusi la porta dietro di me, chiamai mia moglie.
- Cara. Corri a vedere che cappello ho preso da Ettore. Non era neanche in vendita, ma alla fine siamo giunti ad un compromesso che non esiterei a chiamare un affare.


vedi anche qui