30 ottobre 2013

Neuromante

Ieri ho finito di leggere Neuromante e malgrado sia piuttosto lontano dall'essere fra i libri migliori che ho letto (anche solo fra quelli di quest'anno) sento l'irrefrenabile desiderio di esprimere, anche qui, la mia opinione al riguardo.
Per chi non lo sapesse, Neuromante è il primo romanzo dello scrittore americano William Gibson nonché la pietra miliare del genere cyberpunk. Molto in breve, la storia del libro tratta di Case, un hacker in rovina e sull'orlo dell'autodistruzione, che viene reclutato per compiere un colpo imponente per conto di qualcuno di misteriosoin un gruppo composto da una killer implacabile, un colonnello di ghiaccio e da un tizio capace di materializzare tramite ologrammi i suoi pensieri.
La prima ed inevitabile considerazione che bisogna fare su questo libro riguarda il lessico. Leggere Neuromante equivale a leggere un libro in una lingua straniera che conoscete abbastanza bene per capire il senso di quello che leggete, ma non sufficientemente bene per cogliere il significato di tutte le parole che leggete e delle loro sfumature. Ho avuto la stessa impressione di leggera confusione che mi genera leggere un libro scritto in francese, per esempio. L'insieme di termini futuristici o futuribili che Gibson ha utilizzato e si è inventato per scrivere questo romanzo rende la lettura poco scorrevole tanto che a volte ho avuto difficoltà a capire esattamente cosa stesse accadendo.
E qui si arriva all'altro punto debole del libro. Qual è la trama? Oltre le poche righe di premessa che ho scritto qui sopra, non si capisce dove il libro vada a parare. Tanto rumore per nulla, mi viene da dire, una volta portata a termine la lettura.
Voglio mettere in chiaro che il libro offre diversi spunti interessanti (per esempio la visione che propone delle multinazionali). In più, non va sottovalutato l'indubbio debito di riconoscenza che una grossa parte di fantascienza gli deve (è indubbiamente il babbo di Matrix, Strange Days e di un sacco di altra roba). Per non parlare della visione di un mondo (il cyberspace) che trenta anni fa era ancora lontanissimo dal realizzarsi (la pervasività di internet). Ma questi spunti, questo sfondo, restano orfani dell'assenza di trama e vengono offuscati dalla osticità dello stile.
In conclusione, un libro visionario e dagli indubbi meriti, ma molto lontano da essere un capolavoro, anche confinandolo nel proprio genere. Questo non vuol dire che non valga la pena di leggerlo, ma essendo consapevoli che possa risultare indigeribile.

5 commenti:

  1. lo stesso effetto di leggere harry potter, insomma...

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    1. Non ho mai letto Harry Potter, quindi non ti so dire.

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    2. io non ho mai letto gibson, quindi ho sparato un po' a caso

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  2. Il lessico "caratterizzato da un uso costante di neologismi e termini gergali" (Wikipedia) e la trama che non emerge chiaramente rispetto a tutto il resto sono i tratti tipici dello stile Gibsoniano.

    Oltre a ciò vanno fatte due considerazioni.

    La prima riguarda la traduzione: ne esistono almeno tre diverse versioni (pur appartenendo agli stessi autori). Con le prime versioni sembra addirittura di leggere un romanzo completamente diverso data la difformità dei termini scelti per la traduzione. Da questo punto di vista l'esperienza di lettura può risultare profondamente condizionata, considerando anche alcuni errori macroscopici (prima versione) determinati probabilmente sia dalle scelte stilistiche di Gibson sia dalla complessità dell'opera in sé.

    La seconda considerazione riguarda la stesura dell'opera: Neuromante è, di fatto, il primo romanzo di Gibson. Prima aveva scritto solo alcuni racconti brevi. Ciò significa che, in qualche modo, l'opera risente dell'inesperienza di un autore che si misura per la prima volta con un'opera lunga.

    Queste sono alcune valutazioni delle stesso Gibson relativamente alla stesura del libro, tratte da un'intervista:

    "Terry Carr mi mise sotto contratto per scrivere un libro che sarebbe stato Neuromante. Carr stava cercando della gente che gli sembrasse promettente, e io dissi di sì quasi senza pensarci: così mi sono trovato impegolato in un progetto per il quale non ero sicuro di essere pronto. Difatti, una volta che ho cominciato a pensarci sopra seriamente la sola idea mi terrorizzava. Ci avevo impiegato qualcosa come tre mesi per scrivere un racconto, e cominciare una cosa del genere per me era un passo da gigante.

    - Ma in particolare, che cos'è che ti ha spinto a cominciare il libro?

    - Panico. Un panico cieco e animalesco. E penso che tutta questa disperazione sia visibile molto chiaramente in tutto il libro. Neuromante è alimentato da quella mia terribile paura di perdere l'attenzione del lettore. Ecco perché il libro cerca di essere come una corsa sulle montagne russe, e c'è una trovata in ogni pagina..."

    Già dal romanzo successivo a Neuromante, ed ancor di più in tutti gli altri, si evince chiaramente un approccio più strutturato in termini di presentazione dell'intreccio e per certi versi anche dello stile, che non raggiungerà più le vette toccate con Neuromante.

    Parlo di "vette" in senso positivo perché, a mio modesto avviso, è proprio grazie a quell'approccio naif e meno strutturato che la bellezza del romanzo ed il talento dello scrittore emergono in maniera prorompente. Certamente l'esperienza di lettura non è facile ma, per citare un film che con Neuromante ha contratto un debito immenso, è il prezzo che si deve pagare per vedere "quanto è profonda la tana del bianconiglio"

    Non a caso stiamo parlando di un romanzo diventato opera manifesto di un genere letterario e che ha avuto un'influenza immaginifica la quale ha travalicato, di parecchio, i limiti del genere stesso.

    Bye
    Phant

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    1. Grazie dell'approfondimento Phant. Hai chiarito dei punti interessanti.
      La mia è indubbiamente un'analisi superficiale, ma la mia impressione è che "la tana del bianconiglio" non sia molto profonda. Almeno molto meno di quanto avrebbe potuto essere, se supportata da una trama all'altezza.

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