3 ottobre 2009

C'era una volta una radio

C'era una volta una radio.
Anzi c'era una volta la radio. Adesso non c'è più.
Molti, quasi tutti, dissentirebbero su questa affermazione e, per provare il loro disaccordo, vi mostrerebbero un oggetto fisico, con una qualche forma che, in effetti, al giorno d'oggi ha il nome di radio.
Però.
Perchè c'è un però.
Però questi che dissentirebbero sono quelle persone che hanno imparato a dimenticare il passato e che vivono il presente nell'unico modo che reputano possibile.
Qualcuno un tempo li avrebbe potuti chiamare schiavi. Ma sono un tipo di schiavi che non si era mai visto prima nella storia dell'umanità.
Storia è un'altra parola che, malgrado la sua esistenza, è stata svuotata del suo significato. A nessuno interessa più la storia. Ma non fatemi divagare.
Questi schiavi sono così assuefatti che non si rendono neanche conto di essere schiavi. Anzi, sono felici della loro condizione.
Le dittature violente con il manganello in mano non funzionerebbero più. Ma la nuova dittatura non ha bisogno di polizia nè di armi o di repressione per autosostenersi. Questa dittatura è così stabile e sicura di sé stessa che non ha neanche bisogno di preoccuparsi di chi gli si oppone.
La stragrande maggioranza la segue ciecamente. Questo è tutto quello che conta.
Sto ancora divagando. La radio.
Per quello sparuto gruppo di persone che ha ancora interesse a ricordarsi del passato o a conoscerlo grazie a chi lo ha vissuto, quelle che oggi chiamano radio non hanno nulla a che vedere con il loro nome.
L'aspetto di un apparecchio radio non è sostanzialmente differente dal passato. In realtà anche quello che viene diffuso, ad un ascolto superficiale, potrebbe sembrare non molto differente dal passato. Musica, programmi sportivi e di intrattenimento.
Ma.
Perchè c'è un ma.
Ma, guardando bene, l'aspetto è differente. Manca qualcosa. Alcuni pulsanti, una manopola. Qualcosa. Qualcosa che un tempo serviva a cambiare stazione. Adesso sarebbe un accessorio superfluo.
Esiste una sola stazione radiofonica. E la gente non sente la necessità di altre. Quella che c'è trasmette la musica che piace alla gente ed i programmi che piacciono alla gente. Trasmette anche molta pubblicità. La pubblicità che piace alla gente.
Quello che rende schiavi al giorno d'oggi è la mancanza di scelta. Ma non c'è stato qualcuno che, dall'alto, ha imposto un'unica via sopprimendo le altre. E' stato un naturale evolversi delle cose. La gente è stata abituata a pensare che la diversità sia qualcosa di cui aver paura invece che una ricchezza. La naturale debolezza dell'animo umano ha fatto il resto portando all'uniformazione.
Oggi tutti ascoltano la stessa musica, leggono gli stessi libri, guardano gli stessi film ed hanno gli stessi canoni di bellezza.
Le persone non scelgono più.
Scegliere è pericoloso. Vuol dire esporsi alla possibilità di sbagliare. E sbagliare è sbagliato. E' molto più semplice e sicuro delegare le scelte a qualcunaltro.
La gente sembra essere felice così. Ma le persone si sono ridotte a vivere la vita di qualcunaltro. Per delega.
Ma questo non vale per tutti.
Ci sono ancora dei piccoli gruppi di persone che resistono. Che scelgono.
Non possono pretendere di cambiare il mondo, perchè il mondo non vuole essere cambiato. Ma possono vivere la loro vita e non essere schiavi.
Io faccio parte di uno di questi gruppi.
Nacque dagli ascoltatori di una radio che c'era una volta e poi non ci fu più.
Ci ritroviamo una volta l'anno. Il 31 maggio.
Balliamo. Ascoltiamo musica. Musica che non piace più a nessuno tranne che a noi e che quindi non viene più trasmessa.
E per una notte all'anno è come se quella radio, che c'era una volta, ci fosse ancora.
And for one night everything is as if we could dance to the radio live transmission.


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