9 aprile 2010

Amore Disperato

Di uscire quella sera non ne aveva alcuna voglia, cosa che si sarebbe potuta dire per quasi tutte le sere da un po' di tempo a questa parte. Quella sera, però, riuscirono a convincela. O meglio, a costringerla, più che a convincerla. Anche perchè si guardarono bene di dirle dove sarebbero andati. Se lo avesse saputo anche la forza non sarebbe stata sufficiente per smuoverla di casa. Di quel locale non le piaceva la musica, nè la gente che lo frequentava. Ma per qualche oscuro motivo le sue amiche ed i suoi amici erano convinti che una serata in quel posto avrebbe risolto tutti i suoi problemi. Non c'è da meravigliarsi del fatto che si arrabbiò molto della scelta e cercò in tutti i modi di non entrare. Alla fine passò tutta la serata ad annoiarsi appoggiata ad uno specchio in un angolo del locale.
Il vestitino bianco che indossava, considerando la carnagione chiara, gli occhi azzurri e i boccoli biondi, l'avrebbero fatta sembrare un angelo caduto dal cielo a chiunque avesse un po' di poesia nello sguardo. Cosa che nessuno in quel posto sembrava avere.
Mentre i suoi amici si divertivano, la sensazione che stesse perdendo tempo prezioso cominciò a montare dentro di lei, malgrado a casa, da sola, non avrebbe avuto niente di diverso da fare che annoiarsi. Quindi, visse con sollievo quando i suoi amici vennero a dirle che stavano per andarsene. Ma fu all'uscita del locale  che avvenne l'imponderabile. Urtò involontariamente un ragazzo che si girò verso di lei con stupore. Dopo un attimo, lui la guardò negli occhi. Per un paio di secondi, ma che a lei sembrarono non finire più. Perchè lui la guardò negli occhi come nessun altro l'aveva mai guardata prima. Le sorrise dolcemente e le aprì la porta. Poi se ne andò in direzione opposta alla sua.
L'inaspettata gentilezza del suo sguardo, del suo sorriso e dei suoi gesti la lasciarono come sotto shock. Disse ai suoi amici che preferiva fare a piedi la strada fino a casa, che comunque non era molto distante dal lì. Aveva bisogno di camminare e di pensare. I suoi amici avevano smesso da tempo di cercare di capire i suoi comportamenti, per cui la lasciarono andare senza domande.
Sola, di notte, in mezzo alla strada, fu presa da un attacco di euforia. I lampioni accesi le sembrarono come stelle splendenti. Iniziò a cantare, prima sottovoce, ma in crescendo e poi a squarciagola. Non contenta, si mise a muovere la testa a ritmo con questa musica immaginaria, poi a muovere un piede battendolo sull'asfalto e infine aprendo le braccia come per spiccare il volo, si mise a girare su se stessa e a ballare in mezzo di strada. Quando nella sua testa la musica s'interruppe, si mise a correre a perdifiato. Non si era mai sentita così prima. Quello sguardo di uno sconosciuto l'aveva fatta sentire viva ed amata per la prima volta nella sua giovane vita. Ma più che si avvicinava a casa e più che l'euforia veniva sostituita da uno stato di inquietudine. Quando si trovò sulla soglia di casa era ormai in preda alla disperazione. Il solo pensiero di non poter più rivedere il sorriso di quel ragazzo le tolse il respiro. Che fosse stata presa in pieno da un colpo di fulmine di cui non aveva mai creduto l'esistenza?
Per un giorno intero rimase chiusa in casa senza mangiare e senza parlare con nessuno. Poi le si accese una lampadina. Sarebbe tornata in quel locale finchè non l'avrebbe rivisto. E così fece. Per una settimana, ogni sera, da sola, andò in quel posto scrutandone attentamente ogni centimetro, speranzosa di incrociare di nuovo quello sguardo che le aveva fatto perdere la testa. Lo fece, ma invano. Di lui nessuna traccia. E allora si arrese e si chiuse di nuovo in casa, in isolamento.
Era una notte con un tempo da lupi quando uscì di nuovo di casa. Uscì senza destinazione alcuna, voleva solamente sentire il freddo, la pioggia ed il vento su di sè. Camminò a lungo sotto la pioggia finchè, stremata, si fermò su una panchina. Inzuppata di pioggia e presa dal freddo si mise a piangere, cosa che non le riusciva da anni. Le lacrime si mischiarono con la pioggia sul suo volto angelico. Lo prese tra le mani e, disperata, continuò a piangere fino alla fine delle lacrime.
All'improvviso sentì qualcuno sedersi al suo fianco sulla panchina. Un brivido le percorse la schiena ed ebbe paura ad alzare lo sguardo. Un ladro? Un violentatore? Un assassino? Quando alzò lo sguardo il cuore smise di batterle per un secondo e rimase a bocca aperta. Lo stesso sguardo che di cui si era innamorata la stava di nuovo fissando negli occhi. Non riuscì a proferire parola. Neanche lui aprì bocca, ma le accarezzò il volto. Il contatto fu come una scossa che le attraversò tutto il colpo. Il cuore si mise a battere a mille. Incredula, fece per domandargli spiegazioni, ma lui portò un dito sulle sue labbra. Allora non chiese nulla, ma si gettò tra le sue braccia. Il cielo continuava a rovesciare acqua senza tregua su di loro. Ma di questo e di tutto il resto a lei non importava più nulla. Le sue lacrime diventarono di gioia e le sue prime parole furono:
- Non mi lasciare più.
Lui la prese così sul serio che quell'abbraccio sotto la pioggia sembrò durare all'infinito.
Alla fine, quando si trovò di nuovo sola sotto casa, tremante per il freddo e l'emozione, con le luci dei lampioni che brillavano come stelle ancora una volta, prima di entrare ballò di nuovo in mezzo di strada e di nuovo cantò al cielo la scoperta dell'amore disperato.



1 commento:

  1. Favoloso!!!
    Complimenti!!!
    Non so come esprimere quello che mi ha trasmesso, ma è davvero bello il racconto e bello il modo in cui l'hai scritto. :)

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