C'era una volta una batteria. Ma i missili non c'entrano, non è un bollettino di guerra.
C'era una volta una batteria. Ma non un generatore di energia elettrica, non è un trattato di chimica.
C'era una volta, mi ripeto, una batteria. Ma non si parla di pentole, non è una ricetta di cucina.
C'era una volta una batteria, stavo scrivendo. Ma i polli d'allevamento non c'entrano, come lo devo spiegare.
C'era una volta una batteria fatta di piatti, timpano, grancassa e rullante. Ma una batteria particolare. Fatta di piatti particolari, timpano e grancassa particolari. Il rullante invece era normale. O forse no. Anche il rullante era particolare.
C'era anche una volta un sogno. E una persona dietro questo sogno. O forse dentro. Insomma c'era una volta un sognatore. O meglio, una sognatrice. Il desiderio più grande di questa sognatrice era diventare una batterista. Era una ragazza timida e voleva far rumore. Era una ragazza insicura e voleva stare su un palco. Però era anche convinta che fosse un desiderio irrealizzabile. Era troppo tardi per iniziare ad imparare a suonare uno strumento. Soprattutto uno strumento come la batteria. Con tutti quegli elementi e solo due bacchette. Quindi era meglio lasciare il sogno in un angolino del cuore, ma lontano dalla testa. Per evitare delusioni.
Ma a volte il cuore è più forte della testa e il destino manovra i fili della vita e li intreccia in modi imprevedibili.
Il destino si presentò sotto forma di sciopero dell'autobus e lavori in corso un martedì mattina. La sognatrice stava andando all'università per seguire una lezione, a piedi perchè gli autobus quel giorno erano fermi nei depositi. E fu costretta ad una deviazione, perchè la strada che faceva di solito, quando aveva voglia di camminare, era interrotta perchè stavano rifacendo il manto stradale. Prese un vicolo stretto, con abitazioni alte e vecchie.
In lontananza vide una bandiera appesa fuori da un palazzo. Sventolava, anche se apparentemente non c'era vento. Era nera con un disegno bianco. Avvicinandosi notò che l'insegna sembrava quella di una batteria, con tanto di piatti. Probabilmente sembrava un disegno di una batteria perchè lo era. Il negozio a cui quella bandiera apparteneva era molto strano. Era una stanza piuttosto piccola. Spoglia. Ai bianchi muri non era appeso o appoggiato niente. La parete che dava sul vicolo era di vetro, così come la porta per entrarci. In fondo al negozio c'era un bancone di legno, dietro il quale c'era quello che aveva tutto l'aspetto di essere il proprietario. Non perchè il proprietario di un negozio come quello dovesse avere un aspetto particolare. Semplicemente era l'unico all'interno ed era dietro al bancone. Avrebbe potuto essere un commesso. Ma non sembrava un negozio disposto ad assumere commessi.
Il bancone era spoglio, non c'era neanche un registratore di cassa. In ogni caso tra il bancone e la vetrina c'era quello che era presumibilmente l'oggetto in vendita. O almeno l'unico oggetto presente all'interno del negozio.
Una batteria per l'appunto. E per essere in contrasto con l'insegna, era una batteria completamente nera. Circondata da un negozio bianco.
La nostra sognatrice rimase, sognante, per qualche secondo ad osservare la batteria attraverso la vetrina, finchè il proprietario non fece per uscire dal negozio.
Era un tizio strano questo proprietario. Alto e magro. Capellone e con la barba incolta. Con grande sorpresa della sognatrice disse "Finalmente sei arrivata. Ti stavo aspettando. O meglio è la batteria che ti stava aspettando. Entra pure."
Per lo stupore la ragazza non riuscì a dire niente. Neanche che non lo conosceva e quindi non era possibile che stesse aspettando proprio lei. Anzi fece qualche passo indietro, intimorita, come per andarsene.
Ma il tizio proseguì: "Lo so che la cosa ti potrà sembrare strana. Ma è vero o no che il tuo sogno è suonare la batteria?" La ragazza annuì.
"Perchè questa batteria è stata costruita appositamente per realizzare il tuo sogno. La puoi suonare solamente te. Nessun altro. Te l'assicuro. Entra e provala."
"Ma io non so suonare la batteria", furono le prime parole della sognatrice.
"Non è necessario che tu lo sappia fare. Basta che ti siedi e prenda le bacchette in mano. L'unica altra cosa che ti serve è che tu ci creda. Devi essere convinta di poterlo fare."
Ma la ragazza si limitò a dire "Guarda, è meglio che vada. E' tardi, devo andare all'università."
E s'incamminò proseguendo la strada.
Ormai aveva già svoltato l'angolo per ricongiungersi con la strada abituale quando iniziò a pensare "OK è stupido, ma se riuscissi a farlo davvero? Se il tizio avesse ragione? In fondo provare non costerebbe nulla."
Così tornò indietro. Si fermò davanti al negozio e vide il proprietario che si stava accingendo a smontare la batteria.
Allora entrò nel negozio e disse "Cosa stai facendo?"
"La smonto. Te l'ho detto. Era la tua batteria, se non la suoni te è un oggetto inutile."
"Sono ancora in tempo?"
Il tizio non rispose ma con un mezzo inchino e un gesto del braccio le fece segno di accomodarsi sullo sgabello. Lei lo fece. Lui le porse le bacchette e si mise ad osservarla mentre le teneva in mano indecisa sul da farsi.
Poi la magia avvenne. Battè quattro volte le bacchette tra loro, girò tra le dita quella nella mano sinistra ed iniziò a suonare. E per suonare intendo suonare. Non battere a caso e senza ritmo le bacchette su qualche elemento a caso della batteria. Sembrava di vedere e sentire il miglior Keith Moon in azione. Sembrava che suonasse la batteria da una vita e che non potesse essere in nessun altro luogo se non su quello sgabello, dietro a quella batteria e con quelle bacchette in mano. Poi si fermò e guardo stupita ed emozionata il negoziante. Lui aprì le braccia come per dire "Di cosa ti stupisci? Te l'avevo detto, no?"
Ma lei s'incupì e disse "E' inutile, non ho i soldi per comprarla."
Le venne da piangere.
Ma prima che le uscisse la prima lacrima il tizio rispose "Soldi? Io non ho mai parlato di soldi. Come ti ho detto è fatta su misura per te, quindi non ha alcun valore se non per te. Se non la prendi te nessun altro può utilizzarla. Quindi non ha prezzo, nel senso che se la vuoi è tua, sennò è da buttare."
Le venne da ridere. E rise.
"La voglio."
Ma divenne dubbiosa di nuovo. "Non so dove metterla. Non posso certo portarla a casa."
"Puoi venire a suonarla qui tutte le volte che vuoi, in attesa che tu trovi un gruppo alla tua altezza"
"Già un gruppo. Come faccio a trovarlo?"
"Di questo adesso non ti devi preoccupare. Questa è la storia di te e di questa batteria nera. Quella del gruppo è un'altra storia. Lascia ogni cosa al suo tempo. Ma intanto quello che puoi fare è continuare a suonare."
Ed è quello che la ragazza fece. Lei e la batteria. Come se non ci fosse nient'altro al mondo.
C'era una volta una batteria. Ma non un generatore di energia elettrica, non è un trattato di chimica.
C'era una volta, mi ripeto, una batteria. Ma non si parla di pentole, non è una ricetta di cucina.
C'era una volta una batteria, stavo scrivendo. Ma i polli d'allevamento non c'entrano, come lo devo spiegare.
C'era una volta una batteria fatta di piatti, timpano, grancassa e rullante. Ma una batteria particolare. Fatta di piatti particolari, timpano e grancassa particolari. Il rullante invece era normale. O forse no. Anche il rullante era particolare.
C'era anche una volta un sogno. E una persona dietro questo sogno. O forse dentro. Insomma c'era una volta un sognatore. O meglio, una sognatrice. Il desiderio più grande di questa sognatrice era diventare una batterista. Era una ragazza timida e voleva far rumore. Era una ragazza insicura e voleva stare su un palco. Però era anche convinta che fosse un desiderio irrealizzabile. Era troppo tardi per iniziare ad imparare a suonare uno strumento. Soprattutto uno strumento come la batteria. Con tutti quegli elementi e solo due bacchette. Quindi era meglio lasciare il sogno in un angolino del cuore, ma lontano dalla testa. Per evitare delusioni.
Ma a volte il cuore è più forte della testa e il destino manovra i fili della vita e li intreccia in modi imprevedibili.
Il destino si presentò sotto forma di sciopero dell'autobus e lavori in corso un martedì mattina. La sognatrice stava andando all'università per seguire una lezione, a piedi perchè gli autobus quel giorno erano fermi nei depositi. E fu costretta ad una deviazione, perchè la strada che faceva di solito, quando aveva voglia di camminare, era interrotta perchè stavano rifacendo il manto stradale. Prese un vicolo stretto, con abitazioni alte e vecchie.
In lontananza vide una bandiera appesa fuori da un palazzo. Sventolava, anche se apparentemente non c'era vento. Era nera con un disegno bianco. Avvicinandosi notò che l'insegna sembrava quella di una batteria, con tanto di piatti. Probabilmente sembrava un disegno di una batteria perchè lo era. Il negozio a cui quella bandiera apparteneva era molto strano. Era una stanza piuttosto piccola. Spoglia. Ai bianchi muri non era appeso o appoggiato niente. La parete che dava sul vicolo era di vetro, così come la porta per entrarci. In fondo al negozio c'era un bancone di legno, dietro il quale c'era quello che aveva tutto l'aspetto di essere il proprietario. Non perchè il proprietario di un negozio come quello dovesse avere un aspetto particolare. Semplicemente era l'unico all'interno ed era dietro al bancone. Avrebbe potuto essere un commesso. Ma non sembrava un negozio disposto ad assumere commessi.
Il bancone era spoglio, non c'era neanche un registratore di cassa. In ogni caso tra il bancone e la vetrina c'era quello che era presumibilmente l'oggetto in vendita. O almeno l'unico oggetto presente all'interno del negozio.
Una batteria per l'appunto. E per essere in contrasto con l'insegna, era una batteria completamente nera. Circondata da un negozio bianco.
La nostra sognatrice rimase, sognante, per qualche secondo ad osservare la batteria attraverso la vetrina, finchè il proprietario non fece per uscire dal negozio.
Era un tizio strano questo proprietario. Alto e magro. Capellone e con la barba incolta. Con grande sorpresa della sognatrice disse "Finalmente sei arrivata. Ti stavo aspettando. O meglio è la batteria che ti stava aspettando. Entra pure."
Per lo stupore la ragazza non riuscì a dire niente. Neanche che non lo conosceva e quindi non era possibile che stesse aspettando proprio lei. Anzi fece qualche passo indietro, intimorita, come per andarsene.
Ma il tizio proseguì: "Lo so che la cosa ti potrà sembrare strana. Ma è vero o no che il tuo sogno è suonare la batteria?" La ragazza annuì.
"Perchè questa batteria è stata costruita appositamente per realizzare il tuo sogno. La puoi suonare solamente te. Nessun altro. Te l'assicuro. Entra e provala."
"Ma io non so suonare la batteria", furono le prime parole della sognatrice.
"Non è necessario che tu lo sappia fare. Basta che ti siedi e prenda le bacchette in mano. L'unica altra cosa che ti serve è che tu ci creda. Devi essere convinta di poterlo fare."
Ma la ragazza si limitò a dire "Guarda, è meglio che vada. E' tardi, devo andare all'università."
E s'incamminò proseguendo la strada.
Ormai aveva già svoltato l'angolo per ricongiungersi con la strada abituale quando iniziò a pensare "OK è stupido, ma se riuscissi a farlo davvero? Se il tizio avesse ragione? In fondo provare non costerebbe nulla."
Così tornò indietro. Si fermò davanti al negozio e vide il proprietario che si stava accingendo a smontare la batteria.
Allora entrò nel negozio e disse "Cosa stai facendo?"
"La smonto. Te l'ho detto. Era la tua batteria, se non la suoni te è un oggetto inutile."
"Sono ancora in tempo?"
Il tizio non rispose ma con un mezzo inchino e un gesto del braccio le fece segno di accomodarsi sullo sgabello. Lei lo fece. Lui le porse le bacchette e si mise ad osservarla mentre le teneva in mano indecisa sul da farsi.
Poi la magia avvenne. Battè quattro volte le bacchette tra loro, girò tra le dita quella nella mano sinistra ed iniziò a suonare. E per suonare intendo suonare. Non battere a caso e senza ritmo le bacchette su qualche elemento a caso della batteria. Sembrava di vedere e sentire il miglior Keith Moon in azione. Sembrava che suonasse la batteria da una vita e che non potesse essere in nessun altro luogo se non su quello sgabello, dietro a quella batteria e con quelle bacchette in mano. Poi si fermò e guardo stupita ed emozionata il negoziante. Lui aprì le braccia come per dire "Di cosa ti stupisci? Te l'avevo detto, no?"
Ma lei s'incupì e disse "E' inutile, non ho i soldi per comprarla."
Le venne da piangere.
Ma prima che le uscisse la prima lacrima il tizio rispose "Soldi? Io non ho mai parlato di soldi. Come ti ho detto è fatta su misura per te, quindi non ha alcun valore se non per te. Se non la prendi te nessun altro può utilizzarla. Quindi non ha prezzo, nel senso che se la vuoi è tua, sennò è da buttare."
Le venne da ridere. E rise.
"La voglio."
Ma divenne dubbiosa di nuovo. "Non so dove metterla. Non posso certo portarla a casa."
"Puoi venire a suonarla qui tutte le volte che vuoi, in attesa che tu trovi un gruppo alla tua altezza"
"Già un gruppo. Come faccio a trovarlo?"
"Di questo adesso non ti devi preoccupare. Questa è la storia di te e di questa batteria nera. Quella del gruppo è un'altra storia. Lascia ogni cosa al suo tempo. Ma intanto quello che puoi fare è continuare a suonare."
Ed è quello che la ragazza fece. Lei e la batteria. Come se non ci fosse nient'altro al mondo.
Mi è molto piaciuta. La storia della batteria nera.
RispondiEliminati consiglio allora quella intitolata "Matematica"
RispondiEliminaè ancora meglio
già...è piaciuta anche a me. ;-)
RispondiEliminaci mancherebbe altro, cara la mia batterista
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