Radio RockFM
1990-2008
31 maggio 2010
29 maggio 2010
Don't stop believing
Questa storia in inglese. Sounds good. N'est-ce pas?
Here I am.
Alone in the waiting room of a railway station in some small village of some country. Wooden benches and smoky air. The ticket office is closed for several hours. I'm waiting for the midnight train. The last one. I don't even know where that train is going to.
How I, born and raised in the big city, ended up here, what I'm leaving behind, which are my plans for the future. All these things are not relevant to this story. Because this is not my story. It is not even the story of someone else. It 's the story of an encounter. An encounter of two glances. It 's a love story with a duration of a blink. But as intense as if it were lasting for a life time and more.
She comes in almost by stealth. Lost in a thousand and one thoughts, I do not notice her presence until she sits in the row of benches in front of me. I look at her, but her gaze is directed to the dirty floor made of beige tiles. Probably you wouldn't call her a beautiful girl. But her sullen face, framed by brown wavy hair, has something that touches your heartstrings.
She seems a local girl. She may be eighteen, not much older. Who is she and where is she going I don't know and probably will never know. Just as these things cross my mind, she looks up for the first time and I see her blue eyes, clear as the sky in a sunny summer afternoon. Clear but sad and full of loneliness. Reddened as if she had just finished to cry.
Then finally our eyes meet. I see a flash and then I hear a storm. The two of us are holding hands in the pouring rain. We hug each other. And when, after a second or a century, we part we are looking at the see on a plateau under a tree with coral red foliage and with branches that look like rised arms imploring to heaven.
We kiss. And when, after a century or a second, our lips part we are jumping in the crowd of a concert in a medieval square. Then someone pushes us and we fall to the ground.
But rather than on the cement of the square we fall of the soft snow in front of a mountain hut. We look at each other eyes as if there was nothing else in the world except us immersed in the snow. The two of us and a butterfly that flies in front of us. We both follow it with our eyes until it rests on the departures board.
Two minutes to midnight. I don't know which images she saw, but I know for sure that she felt what I felt. I can read it in her eyes. A love story as long as the flutter of a butterfly.
She, just a small town girl living in a lonely world.
Me, just a city boy born and raised far from here, running away from something or someone.
Both waiting for the midnight train. Going anywhere.
25 maggio 2010
21 maggio 2010
20 maggio 2010
Malato Reloaded
Tutto è cominciato con un forte mal di testa che mi ha accompagnato per tutta la giornata. Uscito dal lavoro ero ridotto ad uno straccio, con i dolori che si erano estesi al collo ed alla base delle orecchie. Tornato a casa mi sono provato la febbre. Sfiorava i 39. Influenza ho pensato. Dopo aver mangiato del riso in bianco sono andato a dormire con la speranza di risvegliarmi in condizioni migliori, ma malgrado la stanchezza ho faticato non poco a prendere sonno ed ho passato diverse ore a girarmi nel letto.
Verso le otto di mattina mi sono svegliato col sole che filtrava attraverso le tende. La spossatezza ed i dolori del giorno precedente non erano passati ed, anzi, erano accompagnati da un senso di pesantezza alla testa. Il solo pensare alla possibilità di dovermi alzare mi toglieva quelle poche forze che mi erano rimaste, così sono rimasto immobile a letto per un paio di ore. Mi sono deciso a muovermi solo quando la noia era diventata insostenibile. Mettermi a sedere sul letto è stato uno sforzo sovraumano, tanto da sembrare che ci fosse qualcosa che mi tenesse la testa legata al cuscino. Che c'era qualcosa di strano me ne sono accorto perchè ho sentito qualcosa strusciarmi sulle spalle, una volta alzato. Istintivamente ho portato le mani alle orecchie. Con le forze residue mi sono trascinato verso il bagno e nello specchio ho visto quello che ormai immaginavo: due padiglioni auricolari degni di Dumbo. Ho pensato: "Merda! Ho preso gli orecchioni" e mi sono portato le mani al volto per la disperazione. A quel punto il tatto è arrivato dove la vista assonnata e distratta delle orecchie giganti non è arrivata. Qualcosa non andava anche con il naso. Anche quello era più grosso del normale e sembrava avere anche una forma diversa, come quella di una proboscide. E tutto si è chiarito. Non avevo preso gli orecchioni. Avevo preso gli orecchioni e una brutta rinite.
17 maggio 2010
16 maggio 2010
Malato
Tutto cominciò con un forte mal di testa che mi accompagnò per tutta la giornata. Uscito dal lavoro ero ridotto ad uno straccio, con i dolori che si erano estesi al collo ed alla base delle orecchie. Tornato a casa mi provai la febbre. Sfiorava i 39. Influenza pensai. Dopo aver mangiato del riso in bianco andai a dormire con la speranza di risvegliarmi in condizioni migliori. Malgrado la stanchezza faticai non poco a prendere sonno e passai diverse ore a girarmi nel letto.
Verso le otto di mattina fui svegliato dal sole che filtrava attraverso le tende. La spossatezza ed i dolori del giorno precedente non erano passati ed, anzi, erano accompagnati da un senso di pesantezza alla testa. Il solo pensare alla possibilità di dovermi alzare mi tolse quelle poche forze che mi erano rimaste, così rimasi immobile a letto per un paio di ore. Decisi di muovermi solo quando la noia divenne insostenibile. Mettermi a sedere sul letto fu uno sforzo sovraumano, tanto da sembrare che ci fosse qualcosa che mi tenesse la testa legata al cuscino. Mi accorsi che c'era qualcosa di strano perchè sentii qualcosa strusciarmi sulle spalle girando la testa. Istintivamente portai le mani alle orecchie e fui preso dal panico. Con le forze residue mi trascinai verso il bagno e nello specchio vidi quello che ormai immaginavo: due padiglioni auricolari degni di Dumbo. Portandomi le mani al volto, esclamai:
- Merda. Ho preso gli orecchioni.
13 maggio 2010
7 maggio 2010
5 maggio 2010
Campagna di reclutamento. Combatti anche tu contro il nemico.
Update 5 Maggio (Ei fu siccome immobile)
1 blogger si è unito alla resistenza
Ho già iniziato a parlare (male) di lui in alcuni post.
1 blogger si è unito alla resistenza
Chi è il nemico? Il nemico è l'omino che traduce in italiano i titoli dei film.
Ho già iniziato a parlare (male) di lui in alcuni post.
Ma adesso la battaglia va portata su un altro livello. E per questo ho bisogno di te. Sì proprio di te, lettore di questo blog e possessore di un tuo blog. Arruolati nella resistenza. Aiutami a combattere il nemico. Uniamoci nella lotta per avere titoli dei film migliori. Niente più Se mi lasci ti cancello. Meritiamo di meglio.
Cosa fare allora?
Scrivi uno o più post contro l'omino che traduce i titoli dei film in italiano nel tuo blog ed esorta i tuoi lettori a fare altrettanto. E se mi segnalerai il tuo contributo, io aggiornerò questo post con la tua testimonianze di lotta e resistenza al nemico.
SI SONO UNITI ALLA RESISTENZA:
il soffitto di casa mia
Cosa fare allora?
Scrivi uno o più post contro l'omino che traduce i titoli dei film in italiano nel tuo blog ed esorta i tuoi lettori a fare altrettanto. E se mi segnalerai il tuo contributo, io aggiornerò questo post con la tua testimonianze di lotta e resistenza al nemico.
SI SONO UNITI ALLA RESISTENZA:
il soffitto di casa mia
Pubblicato da
stealthisnick
alle
8:00 PM
3 maggio 2010
Diario di una nube di cenere islandese a Barcellona
Ho visto cose che voi umani non potreste immaginarvi.
Ho visto una nube di cenere provocare la chiusura degli spazi aerei di tutta Europa, causando la più grande interruzione del traffico aereo di sempre.
Giovedì 15 Aprile
Io sono a Barcellona per una conferenza. Ho le prime avvisaglie di quello che sta per succedere nel tardo pomeriggio quando il mio capo, visibilmente contrariato, ci comunica che lo spazio aereo belga è stato chiuso a causa delle ceneri emesse dall'eruzione di un vulcano in Islanda e che di conseguenza il suo volo è stato cancellato. Io ed il mio collega francese Olivier abbiamo il volo domenica nel tardo pomeriggio e in quel momento non mi passa neanche lontanamente per la testa la possibilità che la cosa possa riguardare anche noi. Le prime scene di follia collettiva che vedo sono direttamente alla conferenza dove viene annunciato che c'è chi ha già organizzato un pullman per tornare ad Amsterdam. Al momento penso che siano dei pazzi completi.
Me ingenuo.
Venerdì 16 Aprile
Io sono a Barcellona per una conferenza. Ho le prime avvisaglie di quello che sta per succedere nel tardo pomeriggio quando il mio capo, visibilmente contrariato, ci comunica che lo spazio aereo belga è stato chiuso a causa delle ceneri emesse dall'eruzione di un vulcano in Islanda e che di conseguenza il suo volo è stato cancellato. Io ed il mio collega francese Olivier abbiamo il volo domenica nel tardo pomeriggio e in quel momento non mi passa neanche lontanamente per la testa la possibilità che la cosa possa riguardare anche noi. Le prime scene di follia collettiva che vedo sono direttamente alla conferenza dove viene annunciato che c'è chi ha già organizzato un pullman per tornare ad Amsterdam. Al momento penso che siano dei pazzi completi.
Me ingenuo.
Venerdì 16 Aprile
Gli spazi aerei di tutta l'Europa del Nord sono chiusi. Durante l'ultima mattina della conferenza, i pochi presenti non fanno che parlare del vulcano. C'è chi organizza autobus per Goteborg, che è a duemilacinquecento chilometri da Barcellona. Pur di andarsene la gente pensa a tutto. C'è chi deve tornare a Londra e progetta di andare in treno fino a Santander e poi in nave in Inghilterra. In treno è impossibile partire per due motivi. Uno sciopero in Francia che dura da settimane ed i treni già tutti prenotati dai più veloci e lungimiranti tra quelli lasciati a terra dalla nube. A conferenza finita, io passo il pomeriggio da turista a Monjuic ed alla nube di cenere non penso neanche lontanamente. A cena ostento ancora sicurezza con un'amica che ha il volo per Amsterdam il giorno seguente ed un'amica della mia amica che deve volare anche lei ad Amsterdam domenica sera. Si parla di organizzare una macchina che vada verso Nord se le cose si mettono male.
Sabato 17 Aprile
Mattina da turista nella Barcellona di Gaudì. Verso l'ora di pranzo mi arriva la notizia che la mia amica è partita per l'Olanda in macchina visto che il suo volo è stato cancellato. La mia fiducia inizia a vacillare. I giornali belgi parlano di uno spazio aereo belga chiuso ad oltranza. Il sito dell'aeroporto di Bruxelles si limita a posticipare giorno dopo giorno, ora dopo ora, la possibile riapertura dello scalo. L'apocalisse è vicina. Mi contatta gente che non conosco che, disperatamente, mi chiede se ho intenzione di andarmene in auto e se c'è posto per loro. Nel frattempo il mio capo è sempre bloccato a Barcellona. Nel tardo pomeriggio ormai il fatto che anche il nostro volo venga cancellato è una certezza, ma non è ufficiale. Decido di andare all'aeroporto per vedere se è possibile fare qualcosa da subito evitendo la ressa allucinante di quando le cose diventeranno ufficiali. Controvoglia si aggrega anche Olivier. Il viaggio all'aeroporto si rivela un buco nell'acqua perchè il volo non è ancora ufficialmente cancellato e non c'è nulla che possano fare. A cena col capo, il francese, due di Bruxelles e due di Vienna. Il capo ha prenotato una macchina per martedì, come estremo rimedio. Ancora nulla di ufficiale sul nostro volo, ma la nube si sta pericolosamente spostando verso sud.
Domenica 18 Aprile
La resa dei conti. L'armageddon.
Mi sveglio presto la mattina e la prima cosa che faccio è controllare su internet il volo. Subito la conferma che è stato cancellato. Sveglio il francese e gli dico che è meglio andare all'aeroporto. "Adesso?" mi chiede lui. Certo, adesso. E infatti esserci precipitati all'aeroporto di prima mattina ci risparmia almeno la coda kilometrica agli sportelli della compagnia aerea. L'aeroporto sembra un formicaio. Con i passeggeri formica disposti in lunghe file ordinate che terminano davanti ai banconi con le insegne delle compagnie aeree. La nostra fila non è lunghissima quando arriviamo, ma poco dopo aumenta esponenzialmente. In qualche angolo gente che dorme per terra. Quando siamo ormai arrivati al nostro turno per chiedere il rebooking sul primo volo disponibile, uno degli austriaci della cena del giorno prima che era in fila un po' dietro di noi ci dice che gli hanno appena detto che l'aeroporto (sì quello di Barcellona) è chiuso perchè la nube è ormai arrivata fino da noi. Io ed il francese facciamo appena in tempo a riprenotare un volo per Parigi (e poi da lì in treno) per martedì che iniziano le scene di panico collettivo. I dipendenti della compagnia aerea iniziano a portare acqua a quelli in fila e vengono assaliti di domande. A quel punto l'idea di andarsene da Barcellona in aereo è un miraggio. Torniamo in albergo ed avvertiamo il capo. L'appuntamento è prima di pranzo nel suo albergo. L'ultima notizia, ovviamente non buona, è che voci dicono che gli autonoleggio iniziano a non dare più auto a chi vuole lasciare il paese. La sensazione di essere in trappola a questo punto è forte. E l'idea di rimanere a Barcellona oltre martedì mi fa venire la nausea. A questo punto, penso, tanto vale prendere una nave per l'Italia e poi da lì in qualche modo cercare di tornare in Belgio, oppure il primo treno verso Nord e prima o poi a destinazione ci arrivo. Usciamo per pranzare con un panino e ci ritroviamo in Plaça Reial. L'argomento di conversazione è solo uno. Come fuggire da Barcellona. Mentre siamo lì a mangiare si siedono vicino a noi due ragazze. Parlano italiano. Ad un certo punto una delle due mi chiede se parlo spagnolo. No, ma italiano sì. Sono di Roma. Anche loro bloccate per via della nube di cenere. I belgi e gli austriaci se ne vanno ed io rimango un po' a chiaccherare con loro. Impossibilitate a partire in aereo hanno deciso di tornare in nave. Sono venti ore di viaggio. L'idea della nave mi sembra tutto d'un tratto meno allettante. Il pomeriggio la situazione precipita definitivamente. Prima il capo chiama e dice cha ha trovato i biglietti per un non precisato treno che ci avrebbe riportato a Bruxelles. Dopo poco chiama di nuovo dicendo di raggiungerlo alla stazione e di portare dietro la patente. Lo troviamo insieme agli altri belgi ed ai viennesi in coda ad un Europcar dove danno ancora auto a noleggio. Allucinante. Per mezza stazione c'è una fila di gente che vuole noleggiare una macchina per andarsene da Barcellona. Adesso quelli che sono partiti in bus per Amsterdam alla fine della conferenza non sembrano così folli. Alla fine arriva il nostro turno ed hanno ancora una macchina da darci. E' una Yaris. Siamo in cinque. Dobbiamo fare milletrecento kilometri in cinque più bagagli su una Yaris. Un lungo viaggio. Ma almeno siamo liberi di andarcene. Io ed il francese torniamo in albergo a fare i bagagli e il check-out. Con una notte in più da pagare, quella tra Domenica e Lunedì, che non sfrutteremo. Poi passiamo dell'albergo del capo, dove ci ritroviamo con gli altri. Lì l'ultima sorpresa. La Yaris ha targa norvegese. In cinque più bagagli da Barcellona al Belgio su una Yaris battente bandiera norvegese.
Solo in tre su cinque abbiamo la patente. Io mi offro di cominciare il viaggio. Ci vuole mezzora solo per uscire da Barcellona perchè i signori compagni di viaggio hanno il gps nel cellulare e c'è bisogno di aspettare che tracci il segnale e intanto andiamo verso l'aeroporto che sicuramente da quelle parti c'è un'autostrada. Nessuno mi sta ascoltare quando dico che stiamo andando verso Sud e la cosa non è molto logica. Quando il gps si sveglia ovviamente dobbiamo fare inversione e andare in direzione opposta. Guido dalle otto di sera fino a mezzanotte, con una sosta per la cena. Cedo il volante dalle parti di Nimes.
Lunedì 19 Aprile
Cercare di dormire impacchettati in tre sul sedile posteriore della Yaris è un'impresa. La stanchezza è tanta e riesco ad attestarmi in uno stato di dormiveglia fino alle cinque mentre gli altri due guidatori si danno il cambio sulle strade della Francia. Poi sta di nuovo a me. Siamo nel mezzo al nulla tra Digione e Nancy. Guido con un occhio aperto e l'altro addormentato. A volte con entrambi gli occhi che si stanno chiudendo. Per fortuna a quell'ora in quel posto non c'è un'anima viva e in ogni caso riesco a manternere le ruote sull'autostrada. Dopo un'ora mi arrendo e passo il volante al guidatore successivo. Gli altri due si alternano ancora alla guida fra Francia, Lussemburgo e Belgio ed alla fine dopo tredici ore e più di viaggio arriviamo a destinazione.
Home sweet home. Chi l'avrebbe mai detto. Contento di essere tornato in Belgio e di essere fuggito da Barcellona.
Martedì 20 Aprile
Riaprono gradualmente gli spazi aereri di tutta Europa. Il volo Barcellona-Parigi sul quale avrei dovuto essere decolla regolarmente.
Senza di me.
Sabato 17 Aprile
Mattina da turista nella Barcellona di Gaudì. Verso l'ora di pranzo mi arriva la notizia che la mia amica è partita per l'Olanda in macchina visto che il suo volo è stato cancellato. La mia fiducia inizia a vacillare. I giornali belgi parlano di uno spazio aereo belga chiuso ad oltranza. Il sito dell'aeroporto di Bruxelles si limita a posticipare giorno dopo giorno, ora dopo ora, la possibile riapertura dello scalo. L'apocalisse è vicina. Mi contatta gente che non conosco che, disperatamente, mi chiede se ho intenzione di andarmene in auto e se c'è posto per loro. Nel frattempo il mio capo è sempre bloccato a Barcellona. Nel tardo pomeriggio ormai il fatto che anche il nostro volo venga cancellato è una certezza, ma non è ufficiale. Decido di andare all'aeroporto per vedere se è possibile fare qualcosa da subito evitendo la ressa allucinante di quando le cose diventeranno ufficiali. Controvoglia si aggrega anche Olivier. Il viaggio all'aeroporto si rivela un buco nell'acqua perchè il volo non è ancora ufficialmente cancellato e non c'è nulla che possano fare. A cena col capo, il francese, due di Bruxelles e due di Vienna. Il capo ha prenotato una macchina per martedì, come estremo rimedio. Ancora nulla di ufficiale sul nostro volo, ma la nube si sta pericolosamente spostando verso sud.
Domenica 18 Aprile
La resa dei conti. L'armageddon.
Mi sveglio presto la mattina e la prima cosa che faccio è controllare su internet il volo. Subito la conferma che è stato cancellato. Sveglio il francese e gli dico che è meglio andare all'aeroporto. "Adesso?" mi chiede lui. Certo, adesso. E infatti esserci precipitati all'aeroporto di prima mattina ci risparmia almeno la coda kilometrica agli sportelli della compagnia aerea. L'aeroporto sembra un formicaio. Con i passeggeri formica disposti in lunghe file ordinate che terminano davanti ai banconi con le insegne delle compagnie aeree. La nostra fila non è lunghissima quando arriviamo, ma poco dopo aumenta esponenzialmente. In qualche angolo gente che dorme per terra. Quando siamo ormai arrivati al nostro turno per chiedere il rebooking sul primo volo disponibile, uno degli austriaci della cena del giorno prima che era in fila un po' dietro di noi ci dice che gli hanno appena detto che l'aeroporto (sì quello di Barcellona) è chiuso perchè la nube è ormai arrivata fino da noi. Io ed il francese facciamo appena in tempo a riprenotare un volo per Parigi (e poi da lì in treno) per martedì che iniziano le scene di panico collettivo. I dipendenti della compagnia aerea iniziano a portare acqua a quelli in fila e vengono assaliti di domande. A quel punto l'idea di andarsene da Barcellona in aereo è un miraggio. Torniamo in albergo ed avvertiamo il capo. L'appuntamento è prima di pranzo nel suo albergo. L'ultima notizia, ovviamente non buona, è che voci dicono che gli autonoleggio iniziano a non dare più auto a chi vuole lasciare il paese. La sensazione di essere in trappola a questo punto è forte. E l'idea di rimanere a Barcellona oltre martedì mi fa venire la nausea. A questo punto, penso, tanto vale prendere una nave per l'Italia e poi da lì in qualche modo cercare di tornare in Belgio, oppure il primo treno verso Nord e prima o poi a destinazione ci arrivo. Usciamo per pranzare con un panino e ci ritroviamo in Plaça Reial. L'argomento di conversazione è solo uno. Come fuggire da Barcellona. Mentre siamo lì a mangiare si siedono vicino a noi due ragazze. Parlano italiano. Ad un certo punto una delle due mi chiede se parlo spagnolo. No, ma italiano sì. Sono di Roma. Anche loro bloccate per via della nube di cenere. I belgi e gli austriaci se ne vanno ed io rimango un po' a chiaccherare con loro. Impossibilitate a partire in aereo hanno deciso di tornare in nave. Sono venti ore di viaggio. L'idea della nave mi sembra tutto d'un tratto meno allettante. Il pomeriggio la situazione precipita definitivamente. Prima il capo chiama e dice cha ha trovato i biglietti per un non precisato treno che ci avrebbe riportato a Bruxelles. Dopo poco chiama di nuovo dicendo di raggiungerlo alla stazione e di portare dietro la patente. Lo troviamo insieme agli altri belgi ed ai viennesi in coda ad un Europcar dove danno ancora auto a noleggio. Allucinante. Per mezza stazione c'è una fila di gente che vuole noleggiare una macchina per andarsene da Barcellona. Adesso quelli che sono partiti in bus per Amsterdam alla fine della conferenza non sembrano così folli. Alla fine arriva il nostro turno ed hanno ancora una macchina da darci. E' una Yaris. Siamo in cinque. Dobbiamo fare milletrecento kilometri in cinque più bagagli su una Yaris. Un lungo viaggio. Ma almeno siamo liberi di andarcene. Io ed il francese torniamo in albergo a fare i bagagli e il check-out. Con una notte in più da pagare, quella tra Domenica e Lunedì, che non sfrutteremo. Poi passiamo dell'albergo del capo, dove ci ritroviamo con gli altri. Lì l'ultima sorpresa. La Yaris ha targa norvegese. In cinque più bagagli da Barcellona al Belgio su una Yaris battente bandiera norvegese.
Solo in tre su cinque abbiamo la patente. Io mi offro di cominciare il viaggio. Ci vuole mezzora solo per uscire da Barcellona perchè i signori compagni di viaggio hanno il gps nel cellulare e c'è bisogno di aspettare che tracci il segnale e intanto andiamo verso l'aeroporto che sicuramente da quelle parti c'è un'autostrada. Nessuno mi sta ascoltare quando dico che stiamo andando verso Sud e la cosa non è molto logica. Quando il gps si sveglia ovviamente dobbiamo fare inversione e andare in direzione opposta. Guido dalle otto di sera fino a mezzanotte, con una sosta per la cena. Cedo il volante dalle parti di Nimes.
Lunedì 19 Aprile
Cercare di dormire impacchettati in tre sul sedile posteriore della Yaris è un'impresa. La stanchezza è tanta e riesco ad attestarmi in uno stato di dormiveglia fino alle cinque mentre gli altri due guidatori si danno il cambio sulle strade della Francia. Poi sta di nuovo a me. Siamo nel mezzo al nulla tra Digione e Nancy. Guido con un occhio aperto e l'altro addormentato. A volte con entrambi gli occhi che si stanno chiudendo. Per fortuna a quell'ora in quel posto non c'è un'anima viva e in ogni caso riesco a manternere le ruote sull'autostrada. Dopo un'ora mi arrendo e passo il volante al guidatore successivo. Gli altri due si alternano ancora alla guida fra Francia, Lussemburgo e Belgio ed alla fine dopo tredici ore e più di viaggio arriviamo a destinazione.
Home sweet home. Chi l'avrebbe mai detto. Contento di essere tornato in Belgio e di essere fuggito da Barcellona.
Martedì 20 Aprile
Riaprono gradualmente gli spazi aereri di tutta Europa. Il volo Barcellona-Parigi sul quale avrei dovuto essere decolla regolarmente.
Senza di me.
2 maggio 2010
Il nemico fuggente in tutte le lingue del mondo
Ora posso anche essere d'accordo che in questo caso il titolo italiano non è completamente avulso dal contesto del film. Però c'è qualcosa di perverso nel piacere che prova l'omino che traduce i titoli dei film in italiano a cambiarli dall'originale. Cosa c'era di sbagliato nel chiamarlo La setta dei poeti estinti, come è stato tradotto (volendo si potrebbe discutere anche su questa traduzione) Dead Poets Society in italiano nel film? A questo punto mi sono chiesto: "Ma gli omini che traducono i titoli dei film nelle altre lingue sono altrettanto perversi?"
Ecco la risposta:
francese: Le Cercle des poètes disparus
spagnolo: El club de los poetas muertos
tedesco: Der Club der toten Dichter (con google che conferma che toten dichter sono poeti morti)
portoghese: O clube dos poetas mortos
svedese: Döda poeters sällskap (poeters si capisce doda assomiglia a dead e con un po' di fantasia sallskap è society)
danese: Døde poeters klub (anche meglio)
polacco: Stowarzyszenie Umarłych Poetów (Stowarzyszenie è associazione e su umarlych voglio dar fiducia all'omino polacco)
turco: Ölü Ozanlar Derneği (qui è evidente che olu è morto, ozanlar è poeti e dernegi è associazione......sperando che non ci sia nessun turco che legga questo blog)
neerlandese: Dode dichters sociëteit
russo: Общество мёртвых поэтов (società morti poeti, fidatevi delle mia capacità di ricerca su google)
giapponese: いまを生きる (beh qui è lapalissiamo, giusto?)
ללכת שבי אחריו : oirartnoc la è èhcrep olos assem oh'l eC .ais augnil ehc os noN
latino: Societas Poetarum mortuorum (perfino l'omino morto che traduce i titoli dei film in una lingua morta per gente morta da millenni ha più sensibilità artistica)
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stealthisnick
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